Storie

Giornata del Rifugiato: la storia di Elnaz

In occasione della Giornata del Rifugiato, vi raccontiamo la storia di Elnaz, rifugiata afghana, per non dimenticare il dramma di quel paese

Elnaz ha 26 anni ed è nata a Herat, in Afghanistan, in una famiglia di sette persone. Fino ad agosto 2021, era la vice rettrice per gli affari studenteschi all’Università di Herat. Poi è dovuta scappare dal suo paese, a causa del ritorno al potere dei talebani.

Insieme al marito Mirwais, Elnaz è ospite del progetto di accoglienza dei profughi afghani, promosso dalla Casa della Carità dallo scorso settembre. 

In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato del 20 giugno, vi raccontiamo la sua storia, perché non vogliamo dimenticare il dramma del popolo afghano di cui ormai, complice un altro tragico conflitto, non si parla più.

20 anni di libertà persi in pochi giorni

Quando i talebani prendono per la prima volta il potere in Afghanistan – nel 1996 – Elnaz è una bambina: «Non mi ricordo molto di quel periodo – dice – ma da quanto ho sentito non era una buona situazione, persino per i bambini».

Le cose cambiano a partire dal 2001 quando, a seguito degli attentati dell’11 settembre, gli Stati Uniti attaccano l’Afghanistan e, dopo alcuni mesi di guerra, il regime talebano cade. 

Elnaz

Da quel momento, come molte donne e ragazze afghane, Elnaz ha la possibilità di studiare, raggiungendo i più alti livelli di istruzione: dopo la laurea in Legge e Scienze politiche, per 3 anni lavora all’interno dell’università.

Nel 2018 vince una borsa di studio per un master in India, dove vive e studia fino al 2020, quando torna in Afghanistan, divenendo appunto vice rettrice nell’Università della sua città.

«Negli ultimi 20 anni, le donne afghane avevano fatto grandi progressi: potevano andare a scuola, all’università, potevano fare il lavoro che volevano, potevano addirittura andare all’estero a studiare da sole e avere attività economiche proprie, anche senza gli uomini. Io stessa ho fatto tutto questo», racconta.

«Ma poi – continua amareggiata – in una notte ho perso tutti i traguardi che avevo raggiunto. Ora le donne non possono più studiare, non possono frequentare gli stessi ambienti degli uomini. Sono negati loro i diritti fondamentali». 

Il ritorno dei talebani e la fuga

Ad agosto 2021, infatti, con l’improvviso ritiro dall’Afghanistan degli Stati Uniti e dei loro alleati occidentali, il paese è piombato nel caos e i talebani sono tornati al potere.

Il racconto che Elnaz fa di quei giorni è ancora colmo di emozione: «Quando gli americani si sono ritirati è stato uno shock. Non potevamo credere che dopo 20 anni di presenza, gli eserciti occidentali ci stavano lasciando da un giorno all’altro. Non abbiamo nemmeno avuto il tempo di pensare a quello che potevamo fare. Appena abbiamo capito cosa stava succedendo, la prima preoccupazione è stata per il nostro futuro. Che cosa ci sarebbe successo?».

Quando parlano di quei drammatici momenti, tutti gli afghani ospiti del progetto di accoglienza della Casa della Carità dicono la stessa cosa: nessuno si aspettava che i talebani sarebbero tornati così velocemente e nessuno pensava che avrebbero preso Kabul. 

L’aeroporto di Kabul ad agosto 2021. Foto: Afp

«Per questo all’inizio, da Herat ci eravamo spostati lì – spiega Elnaz – Ma poi hanno preso il controllo della città ancor più facilmente che altrove. In altre città la popolazione ha combattuto anche per 3 settimane, ma Kabul è caduta in un giorno, anche perché l’esercito afghano era sparito».

A quel punto, Elnaz e Mirwais capiscono che devono lasciare il paese: «Tutto è successo in tre giorni. Raggiungere l’aeroporto ed entrare è stata la cosa più difficile della mia vita. C’era talmente tanta gente che non ci si riusciva a muovere. Abbiamo tentato per due giorni e il terzo giorno ce l’abbiamo fatta. Era mattina presto. Alcuni italiani che erano in aeroporto e che erano in contatto con mio marito lo hanno chiamato, dicendo di andare lì in fretta, perché quel giorno ci sarebbe stato un volo per Roma. Era il 20 agosto. Eravamo circa 120 sull’aereo, tutte persone che avevano lavorato con i governi o le organizzazioni occidentali». 

Un nuovo presente

Dice ancora Elnaz: «Non è stato facile lasciare il nostro paese, le nostre case, la nostra vita, tutto quello che avevamo. Ma abbiamo dovuto farlo, perché la famiglia di mio marito aveva lavorato con il governo precedente e i talebani lo stavano già cercando a Herat. Quando penso al mio paese piango, perché abbiamo perso tutto in un giorno».

Sbarcati a Roma e dopo un periodo di quarantena a Bolzano, a settembre Elnaz e Mirwais sono arrivati a Milano. Con loro, c’è anche una delle sorelle di Elnaz con il marito e i tre figli, mentre il resto della famiglia, con cui sono sempre in contatto, è rimasta a Herat.

Accoglienza profughi afghani
Elnaz e Mirwais (al centro) insieme ad altri ospiti e agli operatori del progetto di accoglienza per profughi afghani

«Ora l’Italia è la nostra casa. Milano mi piace, è una città molto bella e le persone sono amichevoli e ci danno una mano ogni volta che abbiamo bisogno, soprattutto le persone della Casa della Carità, che ringraziamo di cuore», dice. 

Appena arrivata a Milano, Elnaz ha iniziato il corso di italiano e si è messa subito a cercare lavoro. Dopo una breve esperienza come impiegata, di recente ha ottenuto una borsa di studio all’Università Sant’Anna di Pisa, per svolgere un’attività di ricerca sulla situazione delle donne in Afghanistan dopo l’arrivo dei talebani.

E questo contribuisce a realizzare un suo sogno: «Quando ero piccola sognavo di diventare avvocato o giudice o comunque una persona utile per le donne del mio paese. Volevo mostrare alle donne quali sono i loro diritti. Se posso farlo anche solo per un piccolo numero di loro, per me è un onore». 

[Le foto di Elnaz in apertura sono di Giacomo Iacomino]


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