Storie

LINA, CHE VOLEVA UNA CASA TUTTA SUA

Leggi la storia di Lina, una donna senza dimora che, grazie al Progetto Diogene, è riuscita ad avere una casa tutta sua.

Lina ha 74 anni, è una donna dal fisico asciutto e agile, ha gli occhi azzurri, le trecce grigie e un accento del sud Italia. Quando operatrici e operatori del Progetto Diogene la incontrano per la prima volta, è seminascosta in una specie di tenda, simile a quelle degli indiani americani, costruita un po’ precariamente con assi di legno e tela. 

Saranno proprio operatrici e operatori di Diogene, intervento della Casa della Carità dedicato a persone senza dimora con disagio psichico e patologie psichiatriche conclamate, a portarle i chiodi per fissare al meglio la tenda.

L’incontro con Lina

Come aveva spiegato Vita Casavola, responsabile del progetto, il lavoro con le persone seguite da Diogene richiede molto tempo e tenacia, per riuscire a costruire con loro una relazione di fiducia. E così, dopo il primo incontro, gli operatori iniziano a tessere con Lina una fragile tela: «Ogni volta che andavamo da lei era visibilmente affaccendata e concentrata a spostare le cose di ogni genere che circondavano, componevano e scomponevano la struttura precaria in cui viveva, a cui ogni volta gli operatori si avvicinavano», racconta Vita.

Lina ha un linguaggio misteriosamente illogico, tuttavia con il tempo e le svariate conversazioni, gli operatori di Diogene riescono a cogliere in lei una certa lucidità che lentamente, incontro dopo incontro, l’aiuta a raccontare loro di sé e a ricostruire la sua biografia: poco meno che adolescente, Lina lascia il paese natale nel sud Italia, fatto di poche case e molti campi coltivati in una provincia fortemente rurale, per approdare a Milano in cerca di lavoro.

Assunta come domestica, riesce a trovare una certa stabilità: «Abbiamo capito che quel viaggio verso nord per Lina aveva significato anche la fuga da un pericolo, forse all’interno della famiglia», dice Vita, che aggiunge: «Con un racconto asciutto, senza particolari o emozioni, Lina ci ha poi parlato del suo lavoro presso un signore vedovo che aveva 4 figli, che l’ha aiutata anche trovandole un piccolo appartamento solo per lei vicino alla sua abitazione». 

La storia di come Lina è diventata una senza dimora

Purtroppo, dopo qualche tempo, il signore muore, Lina perde il lavoro e non è più in grado di pagare l’affitto di casa. Finisce in strada, dapprima a Milano, poi a Firenze, Roma, Verona, Napoli e ancora a Milano.

Lina torna più volte al suo paese d’origine, ma non “riconosce” i suoi stessi genitori e i suoi fratelli. Senza casa e senza soldi, torna ogni volta in strada in una città diversa: «Quando rientra a Milano, trova una via nascosta e con un carrello della spesa vi porta tutte le cose che possiede e che saranno le fondamenta del suo rifugio, un luogo dove fortunatamente decide di accoglierci», racconta ancora la responsabile di Diogene.

Inizia così la loro lunga relazione, ma incontro dopo incontro Lina sembra sempre più stanca e, una volta che ha imparato a fidarsi degli operatori, confida loro che vorrebbe un posto tutto suo dove stare: «In questi anni, con perseveranza e fiducia, siamo riusciti a trovare con Lina un linguaggio comune, siamo riusciti a capirci e a ricostruire insieme una storia e un percorso di vita. L’abbiamo però sempre fatto in punta di piedi, perché non volevamo assolutamente infrangere il fragile equilibrio che Lina era riuscita a conquistarsi», racconta Vita.

Da quando poi Lina ha messo al corrente gli operatori dell’esistenza di un tutore che abitava nel suo paese d’origine, così come di alcuni familiari e di una pensione, lentamente, progressivamente e rispettosamente, viene accompagnata nel pensiero e nella realizzazione di un rientro al suo paese: «Si è trattato di un percorso mentale e fisico per lei lungo e complesso, perché non volevamo farle compiere azioni dalle quali in seguito sarebbe potuta fuggire, come numerose volte era avvenuto in passato», spiega Casavola.

Il tempo del riposo e degli affetti

Operatrici e operatori, aiutati dal parroco del paese d’origine di Lina, verificano così le possibili condizioni necessarie per il suo rientro e soprattutto la disponibilità dei familiari ad averla di nuovo tra loro. Hanno poi preso contatti con il centro di salute mentale per una eventuale presa in carico. Ma, soprattutto, hanno fatto con la stessa Lina un percorso di riflessione e consapevolezza del suo bisogno di legami e di tranquillità, che progressivamente ha portato a costruire con lei le condizioni per un suo rientro al paese. 

«Ora per Lina è finalmente giunto il tempo del riposo e degli affetti», conclude Vita.

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