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A GAZA C’ERA UNA GELATERIA

Barbara Archetti, presidente della ONG Vento di Terra, ci parla della gelateria sociale “Gelato di Gaza”. Una piccola ma importante esperienza, che oggi non esiste più, distrutta dai bombardamenti israeliani sulla Striscia.

C’è una piccola ma significativa esperienza che lega la Casa della Carità alla Striscia di Gaza: la gelateria sociale “Gelato di Gaza”, sorella della gelateria sociale “Ero Straniero”, che dal 2017 al 2020 aveva operato nella sede della nostra Fondazione in via Brambilla.

In questi giorni drammatici per la popolazione di Gaza, siamo tornati a parlarne con Barbara Archetti, presidente della ONG Vento di Terra, tra i partner che avevano dato vita a quella esperienza: «La gelateria sociale di Gaza era stata inaugurata a ottobre 2019 su Nasser Street, a Gaza City, ed era è stata realizzata all’interno di un progetto promosso da Vento di Terra, con i finanziamenti dell’AICS, l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo sviluppo, e la partecipazione tecnica della cooperativa NIW – New Ideas of Welfare, nell’ambito dell’iniziativa “Peace Steps: economia sociale e solidale in Palestina», esordisce Barbara.

Un gelato buono, in tutti i sensi

La gelateria era dotata di impianti e macchinari italiani per la produzione di gelato artigianale e il progetto coinvolgeva una ventina di piccoli produttori locali dei settori ortofrutticolo e lattiero-caseario, che fornivano le materie prime necessarie. 

«Era una piccola esperienza – dice ancora Barbara – ma significativa, per diversi motivi. Innanzitutto, ha dato una formazione e un lavoro qualificato, tra chi produceva il gelato, i venditori e il manager, a 6 persone. Negli anni, poi, un gesto semplice come offrire un gelato ha significato regalare un sorriso a migliaia di bambine e bambini perché, oltre al punto vendita, avevamo anche un furgoncino che distribuiva il gelato, per pochi centesimi o gratuitamente, nelle aree più marginali della Striscia e nei campi profughi, realizzando tante iniziative dedicate ai più piccoli».

L’importanza della gelateria stava anche nell’aver permesso di creare una rete di economia locale sostenibile. Spiega la presidente di Vento di Terra: «Può sembrare una cosa scontata, ma per una realtà che dipende completamente da aiuti esterni, aver creato questa rete ha avito un grande valore».

Una rete che oltre ai produttori si estendeva anche ad altre esperienze e progetti locali, come quello di fornire una merenda sana e di qualità in alcuni centri estivi, e che andava anche oltre la Striscia di Gaza, per esempio con la rete delle gelaterie sociali di Milano, Il Cairo, Amman e Napoli.

L’idea alla base della gelateria sociale era quella di offrire un prodotto di qualità a un prezzo diverso a seconda della disponibilità economica del cliente secondo il principio “chi ha di più, paga di più, per un servizio uguale per tutti”.

La gelateria attuava anche il meccanismo del “gelato sospeso”: chi ne ha la possibilità, può lasciare un gelato pagato per chi non può permetterselo.

La gelateria distrutta dalla guerra

Oltre al punto vendita e al furgoncino, la gelateria aveva un laboratorio che stava nella zona del campo profughi di Al-Bureij in un edificio che ospitava anche altre attività delle organizzazioni locali partner di Vento di Terra.

«Recentemente – racconta ancora Barbara – erano successe delle cose belle, perché il punto vendita di Gaza City era appena stato spostato all’interno di un parco pubblico frequentato dalle famiglie, dove erano stati installati dei chioschi con tante attività, e in uno dei chioschi aveva trovato spazio la gelateria. Inoltre avevamo fatto tutti i passaggi per ottenere i permessi per i pannelli fotovoltaici, fondamentali per resistere alle interruzioni di corrente, a cui Gaza era già soggetta prima di questa situazione. Dovevamo anche partire con degli orti didattici nelle scuole».

Ma quando le chiediamo aggiornamenti sulla sorte della gelateria a seguito della guerra, Barbara abbassa lo sguardo e con voce rotta risponde: «Con Jaber, il responsabile della gelateria, non riusciamo ad avere contatti da più di un mese. Gaza Park non esiste più e anche Al-Bureij è stata bombardata a inizio novembre. Un pezzo dell’edificio, dov’erano installati i pannelli solari, aveva resistito. Tanto che la gente andava lì a ricaricare i telefoni. Nelle ultime settimane però l’area è stata evacuata e bombardata ulteriormente e di Jaber, con le altre 90 persone che ospitava a casa sua, non sappiamo più niente, anche se ogni giorno spero che arrivi il messaggio del miracolo».

«Come Vento di Terra – continua – stiamo cercando di fare il possibile per dare sostegno materiale e psicologico alle vittime inermi di questa catastrofe. Sosteniamo il nostro staff locale che, pur nella tragedia che vive in prima persona, fa il possibile per restituire un sorriso a tanti bambini e bambine, per condividere il cibo, per dare rifugio e supporto a chi è rimasto come loro senza nulla».

Che cosa possiamo fare noi

A Barbara abbiamo chiesto che cosa può fare ognuna e ognuno per sostenere la popolazione di Gaza: «Penso a tre cose, molto semplici, che ognuno di noi può fare: innanzitutto, non essere indifferenti e continuare a rimanere informati su quanto sta accadendo. Come Vento di Terra, con il supporto di un’ampia rete territoriale, realizziamo incontri di sensibilizzazione e approfondimento e potete contattarci».

«Poi sostenere tutte quelle iniziative che chiedono un cessate il fuoco definitivo, spingendo i governi a trovare una soluzione diplomatica al conflitto, per porre fine ad una crisi umanitaria senza precedenti.

«E infine rimettere al centro del dibattito la parola Pace nel suo valore più profondo. Come Vento di Terra lo facciamo con una rete di pedagogisti, educatori, accademici e artisti, cercando in ogni modo di rilanciare la necessità di ri-costruire speranza, per Gaza, e per il mondo intero», conclude Barbara.

Approfondisci

  • Leggi il documento “Il diritto umanitario e l’urgenza di agire” di Vento di Terra. Clicca qui.
  • Leggi l’editoriale del nostro presidente onorario don Virginio Colmegna. Clicca qui.

[Le immagini di questo articolo sono tratte dalla pagina Facebook di Vento di Terra]


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