Blog - Don Virginio Colmegna

I poveri non servono alla nostra bontà

La povertà riguarda i diritti, l’economia, la giustizia. Altrimenti i poveri restano solo anonimi da assistere.

Abbiamo concluso le cosiddette feste natalizie, un periodo nel quale ciascuno si è scoperto buono, in cui c’è stato anche una sorta di “consumo di bontà” fuori proporzione. Tutti si son dati da fare, si è fatta gara a indossare la pettorina, a far vedere che si aiuta.

Un’invasione di immagini non sempre accompagnata dalla capacità di riflessione profonda che il Natale dovrebbe portare con sé, vale a dire quella di un evento che ci dona l’amore di un Dio che si rivela in un bimbo che nasce. Il Natale, più che farci sentire buoni, dovrebbe farci intravedere il bisogno di rovesciare le prospettive della storia che viviamo, di rivederne le priorità. In fondo, è la festa di un bambino che per primo è stato riconosciuto dai pastori, cioè gente povera e umile.

I poveri devono quindi entrare nella nostre vite non per mostrare la nostra bontà, ma per farne una questione di diritti, di economia, di giustizia. Infatti, e scusate il paradosso, così come i pasti fatti nei giorni di festa hanno prodotto degli avanzi, allo stesso modo la nostra società produce dei resti: persone escluse, emarginate, senza prospettive.

“Prima le persone” è dunque diventato, durante il periodo natalizio, un pensiero per me ancora più assillante: i poveri esibiti dentro una dimensione di aiuto non sono volti che restano anonimi, ma donne e uomini che, con il loro vissuto di sofferenza e solitudine, devono interrogare la società in termini di diritti, di cittadinanza, di dignità.

È quello che avvertiamo continuamente in Casa della carità e che abbiamo condiviso anche durante il periodo delle feste. E allora «Prima le persone» vuol dire rimettere in gioco motivazioni e richiami forti che facciano emergere il bisogno di giustizia, di uguaglianza, di opportunità, anche dei più esclusi, di coloro che rischiano di essere tagliati fuori dalla società.

È questo l’impegno che ci prendiamo e l’augurio che ci facciamo per il nuovo anno. Dobbiamo continuare a condividere il cammino con i poveri non per darci medaglie al merito, ma anche perché – come ci ha ricordato Papa Francesco – essi sono al centro del messaggio evangelico ed è sulla capacità di condivisione e di servizio agli ultimi che si gioca l’autenticità e la credibilità della nostra fede.


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