Blog - Don Virginio Colmegna

Il terzo settore torni a costruire coesione sociale

Condivido l’appello di Stefano Zamagni: l’attività degli enti non profit non è cercare fondi, ma riguarda la capacità di innovazione, di incidere nella politica, di produrre cambiamenti culturali e coesione sociale.

Ho letto con profondo interesse l’intervista all’economista Stefano Zamagni, pubblicata da Avvenire lo scorso 27 aprile, in cui parla di «Terzo settore sotto attacco».

Il professor Zamagni descrive la situazione di una società civile sempre più schiacciata tra le forze dello Stato e del mercato e di un «obiettivo non dichiarato di mettere sotto tutela gli enti del terzo settore», in termini sia di fondi da utilizzare che di progetti da realizzare. «Per questo – spiega – è necessario che i cattolici, a cui è legato in termini ideali il 70% delle organizzazioni attualmente presenti nella società civile e nel volontariato, non si tirino più indietro, si assumano le loro responsabilità e comincino a fare massa critica per poter incidere sulle scelte che davvero contano».

Condivido questa sorta di appello, che ci consegna un senso di mobilitazione per quella gran parte di economica civile spesso motivata da un’istanza anche evangelica. Un appello che credo sia da cogliere e da avvertire in tutta la sua urgenza. Perché il rischio, nell’impostazione del conflitto tra Stato e mercato, è di mettere dentro il capitolo del mercato tutta l’esperienza di cooperazione sociale e di società civile impegnata, che fa del principio di sussidiarietà non una questione gestionale, ma una responsabilità che sa anticipare i problemi, sa ricostruire un tessuto di solidarietà e di coesione sociale che oggi è più che mai importante.

Ogni tentativo di tradurre questo impegno semplicemente in dato economico, addirittura avanzando il sospetto che la ricerca di fondi sia l’unico obiettivo di chi opera nel sociale, è un fatto che stiamo avvertendo in tutte le battaglie per i diritti e la dignità che si fanno: dal fenomeno migratorio a quello dell’attacco alle comunità che accolgono i minori.

C’è invece bisogno di recuperare questa attitudine della società civile di produrre articolazione, cooperazione, utilità, grazie all’energia sociale, politica e culturale di cui è portatrice e che produce continuamente innovazione e capacità di ricreare coesione sociale. Occorre superare la logica del low-cost dove il privato sociale si aggiudica un lavoro per il minor costo che offre, smontando l’attuale apparato di economia civile che riguarda settori importanti e strategici come il sanitario, il sociale, l’educativo, l’inserimento lavorativo, la salute mentale.

L’allarme, così come lanciato da Zamagni, c’è e pertanto è necessario intraprendere una riflessione generosa capace di sollecitare chi opera nel sociale oltre che in termini economici, comunque necessari ai fini della trasparenza, ma soprattutto come capacità di ricreare un tessuto sociale operativo positivo.


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