Approfondimenti

Autonomia differenziata: conseguenze e rischi sul piano sociale

Che cosa prevede le legge sull’Autonomia Differenziata e quali saranno le conseguenze sul piano sociale? Leggi il nostro approfondimento per saperne di più. 

Il 26 giugno 2024 è stata approvata la Legge n.86, “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”, detta anche legge sull’autonomia differenziata.

Sono molte le preoccupazioni per alcuni impatti che questa legge potrà avere, in particolare la Casa della Carità vede possibili contraccolpi negativi che riguardano l’operato della Fondazione, come:

  • salute
  • disuguaglianze
  • servizi sociali
  • diritti

Leggi il nostro approfondimento.

Autonomia differenziata: che cos’è 

La Legge n.86/2024, “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”, detta anche legge sull’autonomia differenziata, prevede il trasferimento di alcune funzioni, con le risorse relative, alle regioni a statuto ordinario che ne facciano richiesta.

Le materie che possono essere trasferite dallo Stato alle Regioni sono:

  • rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni
  • commercio estero;
  • tutela e sicurezza del lavoro
  • istruzione, salvo l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell’istruzione e della formazione professionale
  • professioni
  • ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi
  • tutela della salute
  • alimentazione
  • ordinamento sportivo
  • protezione civile
  • governo del territorio
  • porti e aeroporti civili
  • grandi reti di trasporto e di navigazione
  • ordinamento della comunicazione
  • produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia
  • previdenza complementare e integrativa
  • coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario
  • valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali
  • casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale
  • enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale

Le Regioni possono chiedere maggiore autonomia rispetto ad alcune o tutte queste materie, ma la legge stabilisce che per quegli ambiti che sono riferiti ai diritti civili e sociali (istruzione; tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali; sicurezza del lavoro; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione; tutela della salute; alimentazione), che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, la richiesta sia subordinata alla determinazione dei cosiddetti LEP – Livelli Essenziali delle Prestazioni previsti dalla Costituzione (art. 117) e che devono essere uguali in tutte le Regioni. 

Per fissare i LEP sono previsti due anni di tempo e se dalla loro determinazione dovessero derivare costi aggiuntivi per la finanza pubblica, il trasferimento di funzioni alle regioni avverrà “solo successivamente o contestualmente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie”.

Chi ha approvato l’autonomia differenziata

La legge sull’autonomia differenziata è anche detta DDL Calderoli, perché proposta Ministro per gli affari regionali e le autonomie del Governo Meloni Roberto Calderoli.

La legge è stata approvata in prima lettura al Senato con 110 voti favorevoli, 64 contrari e 3 astenuti e definitivamente alla Camera con 172 voti favorevoli, 99 contrari e 1 astenuto.

A votare a favore sono stati tutti i partiti di governo (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia), anche se circa la metà del gruppo di Forza Italia alla Camera, che conta 45 eletti, non ha partecipato all’approvazione finale del ddl. Contrarie le opposizioni.

Quali saranno le conseguenze dell’autonomia differenziata sul piano sociale 

Sono molte le preoccupazioni per alcuni impatti che questa legge potrà avere, in particolare su temi come salute e sanità, istruzione, contrasto alle disuguaglianze e ai divari territoriali. Tanto più che, una volta assegnate le nuove competenze alle regioni, sarà quasi impossibile tornare indietro senza il consenso delle regioni stesse, dal momento che la procedura esclude iniziative unilaterali dello Stato.

SALUTE E SANITÀ

La preoccupazione più diffusa è che questa legge dia “il colpo di grazia al Servizio Sanitario Nazionale”, aumentando le diseguaglianze regionali, legittimando il divario tra Nord e Sud e ledendo i principi cardine su cui è costruito il sistema sanitario pubblico, ossia l’universalità, l’uguaglianza e l’equità.

Il tema della sanità è infatti una delle materie su cui le regioni hanno già una certa autonomia, con evidenti disparità tra regioni e tra aree urbane e aree interne a una stessa regione.

La preoccupazione di molti è che un’autonomia rafforzata possa ulteriormente aggravare le disuguaglianze tra Regioni più facoltose e meno, tra nord e sud, e possa minare la possibilità di accesso ai servizi da parte di cittadini di regioni diverse.

Per esempio, con l’autonomia differenziata una regione ricca come la Lombardia potrebbe pagare di più i propri medici, andando ad attrarre personale da altre regioni che non possono garantire lo stesso trattamento economico.

Tra le preoccupazioni c’è anche quella che una maggiore autonomia in materia di istituzione e gestione di fondi sanitari integrativi possa portare alla nascita di sistemi assicurativi e mutualistici regionali sganciati dalla normativa nazionale.

Un altro esempio sollevato da chi è contrario alla legge, riguarda la tutela delle persone non autosufficienti, su cui da oltre 20 anni si attende una legge nazionale. L’autonomia differenziata rischia di allontanare la possibilità di una riforma unitaria sul settore, in un Paese che già oggi investe molto meno di tanti altri paesi EU per le cure e l’assistenza di persone anziane, con malattie croniche o disabilità, che non possono prendersi cura di se stesse per lunghi periodi.

Il timore di chi, come la Casa della Carità, si occupa della salute delle persone più vulnerabili e oggi già escluse dal Sistema Sanitario Nazionale (persone senza dimora, stranieri irregolari, persone che non hanno la residenza) è che la riforma porti a un’ulteriore restrizione dell’attenzione e delle risorse destinate a queste persone, con un taglio degli investimenti nell’assistenza di prossimità.

ISTRUZIONE

Tra le altre tematiche su cui ci sono perplessità c’è la scuola. Con una maggiore autonomia regionale, il rischio è infatti quello che l’attuazione del compito costituzionale della scuola sia subordinata alle diverse disponibilità economiche e alle diverse scelte locali, aumentando le differenze di offerta formativa di nidi, scuole per l‘infanzia, tempo pieno nella scuola dell’obbligo, disponibilità di palestre e laboratori, effettiva disponibilità di scelta tra più indirizzi di scuola secondaria di secondo grado, seconda di dove si vive e cresce. 

Come per i medici, l’autonomia differenziata potrebbe avere un impatto sul reclutamento, sulla formazione, sul contratto e sulla retribuzione del personale scolastico, a seconda delle disponibilità economiche delle singole regioni.

Regionalizzare la scuola, infine, potrebbe anche voler dire avere programmi scolastici diversi nei diversi territori.

DISUGUAGLIANZE E SQUILIBRI TERRITORIALI

Nella legge sull’autonomia differenziata non viene menzionato alcun fondo per combattere i divari regionali che nel nostro Paese sono profondi, tradendo il principio di solidarietà e perequazione che è un principio cardine dell’articolo 119 della Costituzione. 

Garantire i Livelli Essenziali delle Prestazioni, infatti, significa per i cittadini e le cittadine poter esercitare i propri diritti allo stesso modo ovunque si risieda. Invece l’Italia è già ora segnata da squilibri strutturali della spesa pubblica. Si pensi che secondo i dati dei Conti Pubblici territoriali (CPT), il 70,7% della totalità della spesa del Settore Pubblico Allargato in Italia continua ad essere concentrato nelle regioni del Centro-Nord, il 29,3% nel Mezzogiorno. 

Non c’è alcuna contrarietà all’idea in sé di autonomia decisionale, anche all’interno della Pubblica amministrazione, purché questa sia raggiunta riconoscendo la logica di unitarietà delle politiche pubbliche. La legge 86 invece, pur richiamando diverse volte questa logica, promuove di fatto il contrario, attraverso un rafforzamento ingiusto e inefficiente, privo inoltre di criteri in grado di valutare l’effettivo miglioramento delle autonomie concesse sia per la Regione interessata sia per lo Stato nel suo complesso. 

L’autonomia differenziata rischia quindi di cristallizzare se non aggravare questi squilibri, minando l’Unità della Repubblica e tradendo l’eguaglianza dei diritti. 

Il Referendum contro l’autonomia differenziata

Il 5 luglio 2024 è stato depositato in Cassazione un quesito referendario per l’abolizione della Legge, da parte di tutti i leader dei partiti di opposizione, insieme a CGIL e UIL, Anpi, Acli, Arci, Cna, Wwf, Demos, Legambiente, Link, Rete degli Studenti Medi e Unione degli Studenti. Con loro i costituzionalisti Massimo Villone, Gaetano Azzariti e Alessandra Algostino, oltre a singole personalità politiche come Rosy Bindi e Franco Bassanini. In tutto 34 soggetti, politici, sindacalisti ed esponenti della società civile.

La Casa della Carità invita a firmare per il referendum nei banchetti organizzati in tutta Italia oppure attraverso la piattaforma digitale. Entro il 30 settembre dovranno essere depositate alla Corte di Cassazione almeno 500mila firme.

Per firmare il referendum sulla piattaforma online:


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