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20 anni di Casa Anziani

20 anni fa nasceva Casa Anziani, il progetto della Casa della Carità dedicato alle persone anziane del Municipio 2 di Milano

20 anni fa, nell’agosto del 2005, nasceva “Casa Anziani: uno spazio di socialità, dedicato alle persone anziane che vivono nel Municipio 2 di Milano, dove ha sede la Casa della Carità. Da allora, ogni mercoledì e venerdì la vita della Casa è arricchita dalla presenza di coloro che affettuosamente chiamiamo “nonni e nonne”.

A raccontare la genesi di questo progetto è Doudou Khouma, operatore sociale della Fondazione, da sempre responsabile di Casa Anziani: «Quando la Casa della Carità ha aperto, nel quartiere c’era molta diffidenza, sia da parte dei cittadini, che preferivano che nella nostra sede venisse costruita la scuola media, sia dalle altre istituzioni. Il preside della scuola confinante voleva addirittura alzare il muro che ci separa», ricorda Doudou.

«Allora – prosegue – con Maria Grazia Guida, che ai tempi era direttrice della Fondazione, abbiamo provato a immaginare che cosa potevamo offrire a questi vicini, che cosa potevamo fare per esseri utili alla collettività. E siccome era estate, faceva caldo, abbiamo pensato a un centro diurno per anziani».

I due operatori non conoscevano però le persone anziane del quartiere. Si sono così rivolti agli assistenti sociali del CMA – Centro Multiservizi Anziani di zona in viale Monza: «Volevamo individuare quelle persone che non frequentassero già altri centri diurni o che erano autonomi nell’uscire di casa per andare a svolgere diverse attività. Volevamo che il nostro progetto fosse rivolto a quelle persone anziane, sole, che per vari motivi non si muovevano di casa».

Nasce Casa Anziani

Su segnalazione delle assistenti sociali del CMA, Doudou e Maria Grazia contattano diverse persone e così comincia l’avventura di Casa Anziani: «Coprivamo un’area molto grande, da via Adriano a viale Monza, da via Porpora fino a Sesto San Giovanni, che è al confine con la Casa della Carità. Ancora oggi c’è qualcuno che arriva da Sesto. Inizialmente i nostri giorni erano il mercoledì e il sabato e poi invece ci siamo spostati al mercoledì e al venerdì», dice il responsabile.

Uno dei primi gruppi di Casa Anziani in gita

Da allora, più di 100 persone hanno frequentato Casa Anziani: «Alcune persone ci sono state segnalate dai servizi, molte sono arrivate grazie al passaparola, perché magari un’amica o un vicino frequentava il centro o perché gliene ha parlato il nipote. Molte persone, purtroppo, ci hanno lasciato, ma anche se l’anziano non c’era più, in tanti casi è rimasto un bel rapporto con la famiglia. Qualche parente è anche diventato volontario qui. Penso a Silvana (Colombo, anche lei venuta a mancare alcuni anni fa, ndr) che anche quando la sua mamma Carla è mancata, ogni tanto ci chiamava e diceva “guarda io quasi faccio una torta…” e veniva a trovarci».

Altre persone, è invece il rammarico di Doudou, non si fanno più sentire: «Mettiamo in conto anche questo, ma visto che abbiamo fatto un percorso con una persona, ci dispiace quando magari finisce la vita in casa di riposo e i parenti non ci chiamano nemmeno per dire che la mamma o il papà non ci sono più». 

Attraverso la pandemia

Casa Anziani ha attraversato anche il periodo difficilissimo della pandemia: «È stato un periodo durissimo. Molti nonni si sono ammalati. La Casa non si è fermata, ma gli anziani non potevano venire qui e li seguivamo a distanza, con delle telefonate. E poi con due colleghi che allora seguivano il gruppo (Vanessa Caputo e Antonio Raimondo, ndr) ci siamo inventati di andare a fare le serenate sotto i loro balconi. Alcuni ancora se lo ricordano», ricorda Doudou col sorriso.

Centro diurno per anziani Casa della Carità2
Una delle serenate sotto i balconi degli anziani, durante la pandemia.

In questi anni, il gruppo anziani è molto cambiato ed è sempre in evoluzione; per chi se ne va, ci sono sempre persone nuove che arrivano: «Prima le persone erano più “giovani” e in condizioni fisiche migliori. Con loro siamo riusciti a fare tante gite, siamo andati a vedere delle mostre, siamo stati a teatro, alla Scala… adesso l’età media si è molto alzata, molti nonni si devono muovere con la carrozzina e qualcuno ha l’alzheimer o altre patologie».

Nonostante ci siano un po’ di fatiche in più, Doudou e i colleghi Alessandra Bozza e don Antonio Imeri sono sempre pieni di energia e non fanno mai mancare proposte interessanti: dalla rassegna stampa alla tombola, dai cruciverba alle canzoni. Tradizionali sono poi i pranzi alla Casa della Carità in occasione delle festività, per i nonni che non vogliono restare a casa.

«Con loro non ci sono tabù. Quando ci incontriamo, parliamo di tutto e di più, perché la vita va avanti. Non è che li mettiamo lì, parcheggiati e gli parliamo della morte, perché sono anziani. No! Gli parliamo di vita», conclude Doudou.

La collaborazione con MigrArte

Da qualche mese, poi, gli incontri del gruppo anziani si sono arricchiti della presenza di Serena Pagani e Alberto Pluda – operatori di MigrArte, i laboratori artistici riabilitativi e terapeutici – che il venerdì pomeriggio propongono ai nonni e alle nonne un laboratorio che utilizza alcuni strumenti della teatroterapia.

«Il desiderio di una collaborazione tra MigrArte e Casa Anziani era nato tempo fa, durante una formazione interna. Poi non siamo riusciti a concretizzarlo, fino a che ai percorsi artistici proposti non si è aggiunta la teatroterapia», esordisce Serena, che spiega come lei e Alberto abbiano quindi immaginato uno spazio dedicato al gruppo anziani, che prevede una parte più corporea, di movimento, adatta all’età dei nonni e quindi molto dolce, e una parte più legata alla memoria e alla narrazione, che va a lavorare più su un aspetto riabilitativo, neurologico e cognitivo attraverso una serie di attività.

E queste attività, racconta Alberto, sono apprezzate dagli anziani, nonostante abbiano scalzato la tombola (nessun timore, è stata solo spostata in un altro momento): «Quando ci vedono arrivare sono contenti e dicono “Adesso iniziamo a fare la ginnastica” e ognuno la fa come può, in piedi o seduto. Per loro è un gioco, che però li porta a muoversi, a fare delle cose in gruppo e a lavorare anche un po’ con la voce».

La seconda parte del laboratorio è invece una “ginnastica cognitiva”, perché l’obiettivo, come dice anche Doudou, è che gli anziani che vengono alla Casa della Carità non siano “parcheggiati”: «Cerchiamo di dar loro degli stimoli, di creare un gruppo che si riconosca, che funzioni e che abbia il piacere di ritrovarsi e conoscersi. E questa seconda parte, secondo me, sta funzionando più di quello che pensavo», dice Alberto.

In questa parte di attività, per esempio, si parte da una lettura o dalla visione di un quadro, per lavorare sulla memoria e sul racconto e questo ha permesso di far emergere tante storie e di conoscersi a vicenda in modo po’ più profondo: «Sono arrivate storie di lavori, di passioni, di amori, storie di vita e di famiglia. C’è chi dice pochissimo, ma anche chi condivide tanto e ci sono stati momenti di emozione, di lacrime, di risate. E questo secondo me è un modo per far sì che ognuno di loro porti nel gruppo qualche pezzo importante della propria vita e gli altri sono attenti, si ricordano, e quindi secondo me questa seconda parte è più stupefacente della prima», commenta ancora l’operatore.

«Il gruppo è molto eterogeneo. C’è chi è molto attivo e chi ha una compromissione fisica maggiore, chi ha più strumenti e chi meno sia da un punto di vista culturale che da un punto di vista cognitivo. Quindi quello che facciamo è lavorare con vari strumenti, per provare a coinvolgere tutti allo stesso modo. Poi c’è sempre qualcuno che trascina gli altri, spiegando loro anche quanto può essere piacevole condividere un racconto», conclude Serena.

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