Storie

Valentyna, una storia di rinascita

Valentyna e la sua famiglia sono ospiti del progetto di accoglienza per profughi ucraini. La loro è una storia di rinascita

È passato un anno da quando, il 24 febbraio 2022, è iniziata la guerra della Russia contro l’Ucraina. E da poco meno di 12 mesi è iniziato anche l’impegno della Casa della Carità per l’accoglienza dei profughi in fuga dall’ennesimo insensato conflitto.

Tra le persone ospiti del Centro di Accoglienza Straordinaria promosso dalla Casa insieme al CeAS – Centro Ambrosiano di Solidarietà ci sono anche Valentyna e la sua famiglia.

Arrivati colmi di paura e angoscia, oggi hanno ritrovato un po’ di serenità, avviando un bel percorso di inclusione.

La loro storia la racconta Maddalena Savorana, operatrice del progetto di accoglienza per profughi ucraini.

L’arrivo di Valentyna a Milano

«Quando, nel marzo dello scorso anno, Valentyna è arrivata con i suoi due figli, Oleksandr di 15 anni e Olena di 9, era tra le persone più spaventate», ricorda Maddalena.

«Loro, come altri, non vivevano in una città che era stata bombardata nelle prime settimane del conflitto, ma la paura che ai suoi figli potesse succedere qualcosa era tale, che Valentyna non ci ha pensato due volte a partire, per portarli in un luogo sicuro», aggiunge.

Valentyna è una donna intraprendente e in Ucraina gestiva una fattoria. Ma quando è arrivata a Milano era molto inquieta, quasi sfibrata – dice Maddalena – per aver dovuto lasciare tutto da un giorno all’altro.

Ma, come a volte accade, da situazioni drammatiche può cominciare una rinascita.

Un percorso di rinascita

«Fin da subito Valentyna si è appoggiata a noi operatori per chiedere aiuto e supporto. Una cosa non comune tra le altre famiglie accolte», racconta l’operatrice.

Dopo i primi momenti di sconforto, Valentyna ha ritrovato la sua intraprendenza e ha cercato di adattarsi positivamente alla nuova situazione, cercando di vedere in positivo: «Il suo desiderio di integrarsi era forte, tanto che ha imparato molto bene l’italiano e ha trovato un lavoro in una cooperativa sociale che si occupa di pulizie».

Nel frattempo, come gli altri bambini e ragazzi del gruppo, Oleksandr e Olena sono stati inseriti a scuola, lui al primo anno delle superiori, lei in quarta elementare.

Olena è molto brava a scuola e parla benissimo italiano. Oleksandr, dopo aver frequentato gli ultimi mesi dello scorso anno scolastico in un liceo vicino al centro di accoglienza, ha detto agli educatori che voleva studiare per fare il meccanico, come suo padre.

«Questa cosa mi ha spiazzata – racconta Maddalena – perché io avevo iniziato a fare le ricerche per il nuovo anno scolastico, pensando alle scuole più vicine o a quelle con cui avevamo già allacciato dei rapporti. Invece lui sapeva già cosa voleva fare e adesso frequenta una scuola professionale per meccanici di auto».

E la cosa più bella per Oleksandr è che, nel pomeriggio, dopo la scuola, può lavorare con suo papà. «Il marito di Valentyna lavorava già fuori dall’Ucraina, ma solo tre mesi fa è riuscito ad arrivare qui e raggiungere la sua famiglia», spiega l’operatrice della Casa.

Il progetto di accoglienza dei profughi ucraini

Questo primo anno di accoglienza dei profughi ucraini è stato molto denso. Racconta Maddalena: «All’inizio siamo stati travolti da un turbinio di arrivi e sono stati mesi di conoscenza reciproca, sia per noi dell’équipe che per loro, che sono stati catapultati da un giorno all’altro in un nuovo mondo».

Come dicevamo, dopo i primi momenti di sconforto e grande sofferenza, c’è chi ha accettato la situazione, adattandosi e aprendosi; c’è invece chi è ancora molto restio e, per esempio, fatica a imparare l’italiano. E c’è anche chi ha deciso di tornare in Ucraina.

«La convivenza tra famiglie che non si conoscevano e che sono state “costrette” a vivere insieme non è sempre facile, ma devo dire che Valentyna e la sua famiglia hanno un temperamento più fiducioso e sono portatori di un clima di serenità. Per esempio c’è chi si rivolge a noi solo se ci sono dei problemi, lei invece viene anche a confidarsi, a raccontarci le belle notizie o a chiedere aiuto nell’educazione del figlio che, come tutti gli adolescenti, ogni tanto ne combina una. E poi cucina sempre tantissimo e non manca mai di condividere quello che prepara», dice Maddalena.

Da subito operatrici e operatori si sono concentrati sulle procedure per i documenti, sull’organizzazione dei corsi di italiano per gli adulti e sull’inserimento dei minori nelle scuole della zona, che sono state tutte molto accoglienti. Così come lo sono stati oratori e centri estivi.

«Prima dell’estate eravamo molto preoccupati che non si riuscisse a organizzare nulla. E invece molti campi estivi ci hanno contattati. E una svolta all’accoglienza l’ha data la piccola vacanza in campeggio insieme agli altri ospiti e operatori della Casa della Carità. È stata un’esperienza incredibile, perché nella convivenza stretta sono crollati i ruoli, c’è stata molta positività e questo ci ha aiutati a migliorare il clima quando siamo tornati», spiega ancora l’operatrice.

Profughi ucraini campeggio
Il campeggio estivo di ospiti e operatori della Casa

Le altre storie

Oltre a quella di Valentyna sono tante le storie che abbiamo incontrato in questo anno, dove si intrecciano il dramma e la gioia.

Come la storia di una famiglia che aveva appena comprato casa e se l’è vista distruggere. O quella del figlio di una donna accolta che, rimasto in Ucraina, appena ha compiuto 18 anni è stato chiamato a combattere.

O vicende come quella di Anastasia, il cui marito ha combattuto fino alla fine della scorsa estate e poi è stato fatto prigioniero. «Quando l’ha saputo Yulia è entrata come in un loop e guardava continuamente Telegram, il canale dove passano tutte le notizie. Mi ha detto che non avrebbe trovato pace finché non avesse avuto notizie del marito, anche negative», racconta Maddalena.

A inizio febbraio il marito di Anastasia è stato liberato, ma lei ha potuto solo tirare un sospiro di sollievo, perché la sorte dell’uomo non è ancora certa. Se fosse ritenuto ancora adatto a combattere, infatti, potrebbe essere richiamato in guerra e se lasciasse il Paese verrebbe considerato un disertore.

C’è la storia di Nadiya, che a giugno è tornata a Kiev, perché suo marito e i suoi genitori erano rimasti lì. «Il giorno prima di partire è arrivata sa noi piangendo a dirotto. Pensavamo che fosse spaventata all’idea di tornare in Ucraina, ma invece piangeva perché qui si era sentita a casa e le dispiaceva andare via», spiega l’operatrice.

O la storia di Dariya, che aveva un problema al ginocchio e, grazie alla disponibilità di una medica di Milano, è riuscita a essere curata. «Dariya, così come suo marito e sua figlia, è completamente sordomuta. Ma quando è uscita dall’ospedale dopo l’operazione è venuta da noi e, con le lacrime agli occhi e a modo suo, è riuscita a dire “grazie”».

E poi c’è Eva, che fa terza media e vuole fare il liceo linguistico. «Abbiamo preso appuntamento con il preside di un liceo di Milano e lui, pur essendo molto disponibile, ci ha comunicato che non avrebbero potuto prendere Eva perché non parlava italiano. Ma lei sa perfettamente l’italiano e non aveva parlato per timidezza. Quando poi l’ha fatto, il preside si è dovuto ricredere e lei ha potuto iscriversi nella scuola che le piaceva», dice ancora Maddalena.

Che conclude: «A tutte e tutti loro auguro di non perdere mai la speranza e di trovare sulla loro strada sempre qualcuno che li accolga, che li “veda”, come del resto desideriamo tutti per noi stessi».

Approfondisci

  • Leggi la riflessione di don Virginio Colmegna sul tema della pace, a un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina. Clicca qui.
  • Leggi l’intervista a Gabriele Destefani, responsabile del progetto di accoglienza per profughi ucraini di via Pusiano. Clicca qui.
  • Leggi la storia di Kateryna, ospite del nuovo progetto di accoglienza profughi ucraini. Clicca qui.

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