Come può un’esperienza come quella della Casa della Carità contribuire al “Sinodo sulla sinodalità” promosso da Papa Francesco?
In un discorso dell’ottobre 2015, papa Francesco ha affermato con forza: «il cammino della sinodalità è il
cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio1» .
Coerentemente, lungo il suo pontificato, Francesco ha promosso la celebrazione di diversi Sinodi e ora ha
indetto un Sinodo con a tema la sinodalità stessa: prenderà avvio il prossimo ottobre da una capillare
consultazione di tutte le Chiese locali per terminare nell’assemblea sinodale dei vescovi nell’ottobre 20232.
L’affermazione di papa Francesco, a ben vedere, parrebbe fin troppo esagerata. Davvero la sinodalità, che
riguarda stile, organizzazione, strutturazione della Chiesa è ciò che Dio si aspetta da essa per questo nostro
millennio? Non ci sono problemi, urgenze ben più grandi rispetto a una questione organizzativa ecclesiale?
Sappiamo che papa Francesco ha ben presente i tanti problemi che affliggono il nostro mondo, le
sofferenze in cui vivono miliardi di persone. Ad esempio, basti riprendere le Encicliche Laudato sì e Fratelli
tutti, per trovare lucide e sofferte analisi dello stato di salute del nostro tempo. Anche nel Documento
preparatorio3 per il prossimo Sinodo sulla sinodalità, ne vengono riprese sinteticamente alcune: le profonde
diseguaglianze e iniquità tra Stati e tra le rispettive popolazioni; le tante forme di povertà, provocate da stili
di vita egoistici e dove gli affronti alla madre terra coinvolgono le popolazioni che vi abitano; i drammatici
fenomeni migratori, con la sfida che essi portano per la costruzione di una società inclusiva e giusta; una
terza guerra mondiale a pezzetti.
La Chiesa, popolo di credenti, è immersa, è parte di tutto ciò e, quindi, ne è profondamente responsabile.
Ma, il papa nota che anche all’interno di essa sono presenti diverse forme di male. Basti riprendere la
Lettera al Popolo di Dio4 in cui denuncia il pervasivo clericalismo: una mentalità e delle forme di
organizzazione e di relazioni ecclesiali segnate da un esercizio abusante del potere. Così la Chiesa, anziché
essere popolo che testimonia la possibilità di vivere insieme come fratelli e sorelle, in uno spirito di servizio,
diviene struttura di potere abusante in vari modi.
Inoltre, le cristiane e i cristiani devono guardarsi ancora oggi dal cedere all’integralismo religioso, all’intolleranza, alle forme di nazionalismo ed etnicismo, che fomentano divisioni e contrapposizioni. In sostanza, anche la Chiesa deve fare i conti con forme di ingiustizia e violenza al proprio interno.
Ecco, allora, che la sinodalità, quale stile, forma e struttura di un popolo che cammina insieme, viene
indicata come via propizia innanzitutto perché la Chiesa si riformi, si rinnovi e possa, così, dare il proprio
contributo per affrontare le sfide sociali: «La scelta di “camminare insieme” è un segno profetico per una
famiglia umana che ha bisogno di un progetto condiviso, in grado di perseguire il bene di tutti. Una Chiesa
capace di comunione e di fraternità, di partecipazione e di sussidiarietà, …5» .
Camminare insieme significa che la parola e l’esperienza di ciascuna e di ciascuno è importante, significa
che prima delle differenze di ruolo bisogna riconoscere la dignità che ci accomuna; significa assumere
insieme, in modo corresponsabile, le grandi sfide, alle quali sarebbe da stolti pensare che qualcuno da solo,
la gerarchia o gli addetti ai lavori, possano avere da soli la soluzione. Significa assumere uno stile decisionale
che parte dall’ascolto profondo della realtà e cerca il consenso più largo, rispettoso anche delle voci
minoritarie.
Per una breve presentazione del senso di sinodalità, un video della teologa Serena Noceti
Tra gli obiettivi più rilevanti indicati nel Documento preparatorio, che ci si aspetta da uno stile sinodale, ne
riprendiamo qui alcuni, per i quali un’esperienza come quella della Casa della Carità – e di tutti coloro che si
spendono per la promozione delle persone più fragili – può dare il proprio contributo.
Ci si attende, infatti, che una pratica sinodale insegni a includere tutti e tutte, soprattutto coloro che sono
messi ai margini, la voce dei quali difficilmente raggiunge i luoghi dove si prendono le decisioni. Una grande
responsabilità spetta, dunque, a chi si impegna in varie attività di servizio e prossimità: non sostituirsi, ma
farsi portavoce partendo dalla concreta conoscenza di volti e storie, fino a promuovere il diretto ascolto di
costoro.
Una seconda attesa riguarda le comunità cristiane, perché diventino, nel panorama sociale, nel territorio
che abitano, dei soggetti credibili e affidabili per la promozione del dialogo e amicizia sociale, la
ricostruzione della democrazia, la riconciliazione. Anche in questo caso, la nostra realtà di Casa della Carità
può offrire competenze, intelligenza critica ed esperienze di inclusione delle persone e di collaborazione
con diverse componenti della società.
Infine, ci si attende che uno stile sinodale rigeneri le relazioni sia all’interno della Chiesa sia a livello sociale,
sia tra credenti di varie religioni.
Occorre, dunque, lasciarsi coinvolgere in questo cammino appena iniziato, portando la nostra parte di
responsabilità, soprattutto quella responsabilità che ogni giorno ci assumiamo nei confronti delle persone
più ai margini.
NOTE
1 Francesco, Discorso per la Commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, (17.10.2015). https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2015/october/documents/papa-francesco_20151017_50-
anniversario-sinodo.html
2 Sinodo 2021-2023. Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione. www.synod.va
3 http://www.synod.va/it/news/documento-preparatorio.html
4 https://www.vatican.va/content/francesco/it/letters/2018/documents/papa-francesco_20180820_lettera-popolo-
didio.html
5 Documento preparatorio, pg. 9.
[L’immagine in apertura è presa dal sito www.sydon.va]