Il Presepe resterà visibile in via Francesco Brambilla 10, fino al 7 gennaio 2026
È stato inaugurato il Presepe 2025 della Casa della Carità, che sarà visibile all’interno della Casa, accedendo dall’ingresso principale in via Francesco Brambilla 10, tutti i giorni dalle 9 alle 20 fino al 7 gennaio.
Come sempre, il Presepe realizzato dalla Casa vuole parlare al nostro presente. E allora, la Natività di quest’anno non poteva che trasportarci a Gaza, ed è ispirata a un passo del Vangelo di Matteo (2,16-18), quello della strage degli innocenti:
“Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s’infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi.
Allora si adempì quel che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:
Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande; Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più”.
Il presepe oggi racconta l’infanzia negata
Tutte e tutti noi abbiamo infatti negli occhi le immagini dei bambini di Gaza, che vagano soli e senza meta in cerca di un rifugio, perché ogni edificio della Striscia è stato distrutto dai bombardamenti israeliani; bambini che implorano per avere un po’ di cibo, perché non c’è più nulla da mangiare o che piangono coperti di sangue e di polvere.
Queste immagini di infanzia negata e tradita hanno ispirato il Presepe di quest’anno perché, ahinoi, il tempo del re Erode è più vivo che mai. E i re Erode di oggi sono tanti e continuano a negare la vita dei più piccoli, a mettere fine al loro futuro e non lo fanno solo a Gaza.
Lo fanno in tutte le guerre; come quella dimenticata del Sudan, dove i bambini, oltre a essere vittime innocenti, vengono anche reclutati come soldati. Lo fanno quando costringono al matrimonio ragazze giovanissime, spesso bambine. Lo fanno quando sfruttano i minori in lavori disumani. Lo fanno quando deportano loro o i loro genitori, solo perché non hanno un regolare permesso di soggiorno.

Che cosa possiamo fare noi?
Ma che cosa può fare ognuno di noi di fronte a quest’infanzia negata? A questa riflessione vuole spingere la figura umana collocata al centro della scena: in braccio porta Gesù bambino – che con la sua nascita continua a portare una promessa di speranza e di vita – e al posto del volto ha uno specchio, così che ogni persona che si avvicina possa riconoscersi.
«Sta a ciascuno, guardandosi nello specchio che riflette il proprio volto, scegliere se rimanere spettatore o farsi custode di quest’infanzia ferita», dice Iole Romano, l’operatrice della Fondazione che immagina e realizza i presepi della Casa.