La Casa è da sempre impegnata in progetti di contrasto alla povertà educativa di minori che arrivano da contesti svantaggiati.
La Casa della Carità segue molti minori che provengono da o vivono in un contesto di povertà. Sono bambine e bambini, ragazze e ragazzi ospitati dalla Fondazione nelle sue diverse sedi, ma anche minori che vivono in situazioni di marginalità socio-economica e abitativa sul territorio di Milano, in campi rom o case occupate.
Vivere in contesti di povertà materiale ed esclusione sociale per questi minori significa anche, in molti casi, dover affrontare una condizione di povertà educativa, che viene definita come “la privazione da parte dei bambini, delle bambine e degli/delle adolescenti della possibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente le proprie capacità, i propri talenti e le proprie aspirazioni”.
La Casa è impegnata in diversi progetti di contrasto alla povertà educativa. Ne abbiamo parlato con Donatella De Vito, responsabile del Settore disuguaglianze e nuove povertà della Fondazione.
I PROGETTI DELLA CASA PER IL CONTRASTO DELLA POVERTÀ EDUCATIVA
«La povertà educativa ha un legame fortissimo con la povertà materiale delle famiglie da cui provengono questi bambini e ragazzi, che è sia quella economica, ma può riguardare anche il fatto che i genitori siano poco istruiti o che la famiglia viva in un centro di accoglienza, in un campo rom o in un contesto abitativo svantaggiato. Dal momento che la Casa accoglie famiglie povere, ci troviamo ad accompagnare anche situazioni di povertà educativa», esordisce De Vito.
Diversi gli aspetti su cui lavora la Fondazione con i minori ospiti. In primis c’è l’aspetto materiale. Spiega Donatella: «Supportiamo le famiglie nell’accesso alle risorse che servono loro per mandare a scuola i figli attrezzati come gli altri, quindi li aiutiamo nell’acquisto dei libri e del materiale scolastico, ma anche nell’accesso alle risorse pubbliche se ne hanno diritto, come la dote scuola, o ad altre risorse, se non hanno diritto a quelle pubbliche perché magari sono in una situazione documentale non regolare».
La Casa, inoltre, provvede a costruire per ciascuno un pacchetto di offerte sul territorio (doposcuola, corsi extrascolastici, attività formative e sportive ecc…), lavorando anche in rete con altre associazioni, così che il minore possa avere la possibilità di uno sviluppo completo.
Vi è poi un aspetto educativo, che viene sviluppato con le scuole frequentate da questi bambini e ragazzi. Dice ancora De Vito: «Quasi la metà dei minori che seguiamo hanno bisogni particolari, derivati dalla loro storia di migrazione o da quella della famiglia, a causa della quale, per esempio, non hanno avuto una scolarità regolare, hanno ritardi nell’alfabetizzazione o problemi cognitivi, e quindi arrivano a scuola con uno svantaggio di partenza che non li fa aderire adeguatamente al percorso dei compagni».
La scuola, spiega l’operatrice, si è attrezzata negli anni per gestire queste situazioni e ha sviluppato professionalità e progetti, ma si trova davanti a due problemi: «Le situazioni di bisogno sono in aumento, perché sono in aumento i minori, italiani e stranieri, che vanno supportati in maniera personalizzata, attraverso il cosiddetto PEI (Piano Educativo Personalizzato); questo, però, si scontra con il fatto che le risorse sono in diminuzione e quindi per la scuola la coperta è sempre più corta».
IL METODO PROPOSTO DALLA CASA DELLA CARITÀ
Per ovviare a questa situazione, da diversi anni la Casa della Carità sviluppa progetti in collaborazione con le scuole per supportare i bisogni dei minori che hanno un PEI o che comunque si trovano in situazioni di svantaggio, a cui si aggiungono interventi dedicati all’intero gruppo classe che comprendono laboratori e attività extra-scolastiche, come:
- laboratori di teatro, musica, narrazione
- utilizzo di strumenti multimediali
- attività di cooperative learning1
- rigenerazione degli spazi scolastici
Oltre a lavorare con gli alunni, la Casa collabora con le docenti, fornendo loro supporti formativi per sviluppare e implementare metodologie di insegnamento più inclusive, come l’apprendimento cooperativo e il “learning by doing” (imparare facendo). «Questo per accompagnare a gestire meglio didattica e andare incontro al fatto che le classi stanno diventando un insieme di bisogni diversi e di complessità, perché per esempio ci sono livelli di apprendimento diversi, bambini appena arrivati da un paese straniero, bambini con disabilità o problemi cognitivi. Noi forniamo competenze, che diventano poi risorse che rimangono alla scuola, di modo che loro possano poi proseguire da soli», spiega Donatella.
Inoltre, affinché queste attività siano di reale beneficio, il raggio d’azione dei progetti viene allargato anche alle famiglie dei bambini e ragazzi più fragili, che sono seguite dal punto di vista sociale e sanitario.
Questi progetti sono realizzati dalla Casa insieme ad altre organizzazioni del terzo settore milanese (capofila è la Fondazione Somaschi) nell’ambito del PON Inclusione RSC, un progetto nazionale per l’inclusione e l’integrazione dei bambini Rom, Sinti e Caminanti, promosso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in collaborazione con il MIUR e finanziato da fondi strutturali dell’Unione Europea.
Il PON è attualmente in fase di ridefinizione e prevederà risorse per interventi personalizzati su minori o su piccoli gruppi a sostegno delle situazioni di maggior bisogno, attraverso laboratori scolastici ed extrascolastici. A questo si aggiungeranno risorse per coprire la mensa e altre attività extrascolastiche.
- metodologia didattica che si basa sull’interazione degli studenti in piccoli gruppi per raggiungere un obiettivo di apprendimento comune, guidati dall’insegnante ↩︎