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PALESTINA-ISRAELE: UNA PREGHIERA PER LA PACE

Il 17 ottobre 2023, la Casa ha risposto all’invito del Patriarca Latino di Gerusalemme di dedicare un tempo di silenzio e preghiera per la pace tra Palestina e Israele.

Il 17 ottobre 2023, la Casa ha risposto all’invito del Patriarca Latino di Gerusalemme di dedicare un tempo di silenzio, preghiera e riflessione di fronte alla violenza che ancora colpisce Palestina e Israele, per chiedere la pace per questi due popoli.

Riportiamo di seguito i brani letti in questa occasione.

Una poesia di Mariangela Gualtieri sulla pace

Adesso le genti mie
stanno tutte in sbando.
Chiedono
nessuno sa ascoltare.
Sentiamo un’ombra avvolgente
cadere
sulle nazioni del mondo.
Ma tu metti
metti nella testa
nel respiro
un paesaggio di pace.
Mettiti dentro
più che puoi
una pace.
Mettila dentro i pensieri
appoggiala alla fronte
e sulla testa
come una brocca.
Porta la pace
con quell’attenzione che non cada
che non si versi
neanche una goccia di pace.
Calmati ora,
calma tutto il sangue.

Terrorismo, ritorsione, legittima difesa, guerra e pace

Pubblichiamo alcuni estratti del discorso alla città di Milano pronunciato dal cardinale Carlo Maria Martini, dopo l’attentato alle Torri Gemelle del 2001 e la risposta armata che ne è seguita. Un discorso che si rivela ancora attuale.

In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù rispose: “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo“. (Lc13,1-5)

Questi fatti ci addolorano, ci interpellano, ci sconvolgono. Pensiamo con dolore agli innumerevoli morti, ai feriti che porteranno per tutta la vita il segno della tragedia, alle famiglie distrutte, ai milioni di profughi, al pianto dei bambini mutilati. Nascono molte domande, ipotesi, inquietudini. Domande di carattere umano e religioso e anche di carattere politico. Si vorrebbe capire, giudicare, vedere come agire per farla finita con il terrorismo, la paura, la guerra, come operare seriamente per una pace duratura. […].

Parlando, leggendo e ascoltando molto, mi sono accorto di come anche i pareri siano tanto divergenti. Molteplici i punti di vista, gli angoli di visuale; fortissime le passioni, i coinvolgimenti emotivi; resistenti a sgretolarsi le precomprensioni, soprattutto quelle inconsce. Sembrerebbe più saggio attendere, pregare, e per intanto sanare e medicare in quanto si può le ferite, come in emergenza. Ma sant’Ambrogio non si è sottratto alla riflessione e al tentativo di giudizio su fatti assai gravi, pubblici e controversi del suo tempo. Così il suo umile successore chiede la grazia di poter parlare a voce alta di queste cose di fronte a Dio, al vangelo e alla coscienza dell’umanità. […].

Io vorrei partire dal passo evangelico di Luca che è stato letto: si tratta di due affermazioni o reazioni di Gesù, posto di fronte a gravi fatti di sangue di origine politica e a dolorose calamità naturali. Gesù si trova infatti di fronte a un groviglio di problemi etici, teologici e politici. […]

V’è in questione ciò che noi chiameremmo una “strage di Stato”, voluta dal rappresentante dell’imperatore e per di più perpetrata nel luogo sacro del tempio.

Gesù viene dunque provocato a esprimersi e a dare un giudizio: condannerà l’assassinio politico, voluto per umiliare ulteriormente gli Ebrei e profanare il tempio? griderà contro la crudeltà e il cinismo del regime dominante? Oppure, come altri in Israele che ritenevano la dominazione straniera comunque un minor male di fronte a un possibile caos, dirà che si è trattato di una dolorosa operazione di legittima difesa, di una repressione inevitabile per scongiurare nuove stragi da parte di un terrorismo suicida e senza sbocchi? Immagino che Gesù si sarà sentito addosso la domanda: facci sapere, tu che sai tutto, da che parte sta la verità e da che parte sta l’ingiustizia.

Anche la seconda situazione narrata da Luca richiama domande attuali. Essa riguarda una calamità naturale, la caduta di una torre a Gerusalemme che travolge diciotto persone. Allora, come ora, tali incidenti suscitavano tante domande: si tratta di calamità inevitabili o sono frutto di negligenza, di errore umano o di incoscienza o di imprudenze inescusabili? Chi è colpevole? Chi doveva vigilare? Quale autorità ha omesso i dovuti controlli, ha sottovalutato gli appelli ecc.?

I due episodi sono proposti a Gesù perché prenda posizione. Invece si verifica l’imprevisto. Gesù non prende posizione né pro, né contro nessuna delle persone coinvolte, non si esprime su chi degli immediati protagonisti sia da ritenersi colpevole. Proclama, è vero, un suo giudizio, che dovremo approfondire. Ma la sua voce sta al di sopra di tutti i temi sia pur gravi di politica corrente. Ciò può sorprendere, deludere e turbare.

Le domande di oggi
Qualcosa di simile avviene oggi. Gli interrogativi sui fatti della storia e soprattutto su quelli drammatici dei nostri giorni sono tanti e comprensibilmente carichi di sofferte emozioni, di precomprensioni affettive e anche di pregiudizi. E non di rado si invocano da qualche autorità morale risposte immediate e chiarificatrici (per lo più nell’attesa di essere confermati in ciò che ciascuno ha già giudicato dentro di sé!).
Molte, in particolare, le interrogazioni gravi che si pone l’uomo della strada di fronte alle notizie e alle immagini televisive di questi mesi e di questi giorni.

La prima riguarda gli autori dei gesti di terrorismo: perché un essere umano può giungere a tanta crudeltà e cecità? Nulla e nessuno potrà mai giustificare tali atti o dare loro una qualunque parvenza anche larvata di legittimazione. Ci dobbiamo però chiedere: noi tutti ci siamo davvero resi conto nel passato, rispetto ad altre persone e popoli, quanto grandi ed esplosivi potessero a poco a poco divenire i risentimenti e quanto nei nostri comportamenti potesse contribuire e contribuisse di fatto ad attizzare nel silenzio vampate di ribellione e di odio?
Non posso, a proposito della prima domanda, non sottolineare la tremenda responsabilità di chi, magari dotato di grandi mezzi di fortuna, ha imparato a sfruttare i risentimenti e li fornisce di strumenti di morte, finanziando, armando e organizzando i terroristi in ogni parte del mondo, forse pure vicino a noi. Anche per costoro non v’è nessuna ragione o benché minima legittimazione per il loro agire. […].

La terza domanda è di tipo etico: ciò che si è fatto e si sta facendo contro il terrorismo specialmente a livello bellico rimane nei limiti della legittima difesa, o presenta la figura, almeno in alcuni casi, della ritorsione, dell’eccesso di violenza, della vendetta? È chiaro che il diritto di legittima difesa non si può negare a nessuno, neppure in nome di un principio evangelico. Occorre tuttavia una continua vigilanza, un costante dominio su di sé e delle passioni individuali e collettive per far sì che nella necessaria azione di prevenzione e di giustizia non si insinui la voluttà della rivalsa e la dismisura della vendetta.

Sembra questo in particolare il caso, è doloroso dirlo, di quanto continua ad accadere in maniera crescente in Medio Oriente.

Sollevando interrogativi come quelli espressi sopra non ho voluto tanto esprimere giudizi definitivi quanto aiutare me e voi a riflettere seriamente e soprattutto stimolare i competenti e i responsabili a pesare ogni loro opinione e azione su una bilancia di rigorosa giustizia e di rispetto dei diritti umani di ognuno.

L’atteggiamento di Gesù
Che cosa ci direbbe oggi Gesù su quanto abbiamo evocato fin qui? Che cosa ci suggerirebbe nello spirito del Discorso della Montagna, nel quadro delle beatitudini dei misericordiosi e degli operatori di pace?

Nella pagina di Luca Gesù non entra in nessuno dei problemi che hanno in mente i suoi interlocutori e che riguardavano l’attribuzione delle colpevolezze per gravi fatti di sangue, la ricerca di capri espiatori. Superando ogni giudizio morale categoriale sulle azioni di singoli o di gruppi, Gesù rimanda alla radice profonda di tutti questi mali, cioè alla peccaminosità di tutti, alla connivenza interiore di ciascuno con la violenza e il male, ripetendo per ben due volte: “se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”. Egli invita a cercare in ciascuno di noi i segni della nostra complicità con l’ingiustizia. Ammonisce a non limitarsi a sradicarla qui o là, ma a cambiare scala di valori, a cambiare vita.

Ciò in un primo momento ci sorprende. Ci appare una fuga dal presente, un volare troppo alto di fronte a eventi che richiedono con urgenza decisioni e giudizi. Ci sembra un generalizzare un problema che rischia di confondere torti e ragioni, carnefici e vittime, tutti accomunati sotto un unico denominatore.

Ma Gesù non intende per nulla togliere a ciascuno la sua concreta responsabilità. Gli importa però assai di più segnalare che gli sforzi umani di distruggere il male con la forza delle armi non avranno mai un effetto duraturo se non si prenderà seriamente coscienza di come le cause profonde del male stanno dentro, nel cuore e nella vita di ogni persona, etnia, gruppo, nazione, istituzione che è connivente con l’ingiustizia. Se non si mette mano a questi ambiti più profondi mutando la nostra scala di valori, tra breve ci ritroveremo di fronte a quei mali che abbiamo cercato con ogni sforzo esteriore di eliminare.

Ci chiediamo: sarà possibile una tale inversione di tendenza? Osiamo affermare di sì, anzitutto perché un simile raddrizzamento della scala dei valori è necessario per il superamento di quella conflittualità crescente che mira alla distruzione reciproca dei contendenti. In secondo luogo perché contiamo sulla grazia di Dio e sulla ragionevolezza di fondo dell’uomo. In terzo luogo perché come cristiani (e anche in questo ci distinguiamo da un mondo Occidentale fino a poco fa sicuro di sé ma ora molto più incerto e sempre più povero di speranza trascendente) abbiamo la certezza che se il male abbonda è perché sovrabbondi la grazia della conversione e del perdono.

Non è così importante sapere se ciò si avvererà presto. Ciò che dunque urge è dirci che se non avviene un cambio radicale nella scala dei valori, se non vengono messi al primo posto la pace, la solidarietà, la mutua convivenza, l’accoglienza reciproca, l’ascolto e la stima dell’altro, l’accettazione, il perdono, la riconciliazione delle differenze, il dialogo fraterno e quello politico e diplomatico, mentre vengono contemporaneamente messe al bando le rappresaglie della guerra, se non vengono disarmate non solo le mani ma anche le coscienze e i cuori, noi avremo sempre a che fare con nuove forme di violenza e anche di terrorismo. Riusciremo magari a spegnerle per un momento, ma per vederle poi risorgere impietosamente altrove.

Il grande bene della pace
Non potrei concludere il mio discorso senza ritornare a quella che ne fu l’ispirazione principale fin dall’inizio, cioè il grande bene della pace: se abbiamo infatti cominciato con l’ascoltare Gesù che parlava della violenza, era solo perché a Lui – e oggi alla sua Chiesa – una cosa sta sommamente a cuore: la pace!

Infatti la pace è il più grande bene umano, perché è la somma di tutti i beni messianici. Come la pace è sintesi e simbolo di tutti i beni, così la guerra è sintesi e simbolo di tutti i mali. Non si può mai volere la guerra per se stessa, perché è sistematica violazione di sostanziali diritti umani. Vi saranno al limite casi di legittima difesa di beni irrinunciabili. Però il contrasto all’azione ingiusta, non di rado doveroso e meritorio, deve restare nei limiti strettamente necessari per difendersi efficacemente. Potranno anche essere necessarie coraggiose azioni di “ingerenza umanitaria” e interventi volti alla restituzione e al mantenimento della pace in situazioni a gravissimo rischio. Ma non saranno ancora la pace.

Pace non è solo assenza di conflitto, cessazione delle ostilità, armistizio. Non è neppure soltanto la rimozione di parole e gesti offensivi (Mt 5,21-24), neppure solo perdono e rinuncia alla vendetta, o saper cedere pur di non entrare in lite (Mt 5,38-47). Pace è frutto di alleanze durature e sincere, (enduring covenants e non solo enduring freedom), a partire dall’Alleanza che Dio fa in Cristo perdonando l’uomo, riabilitandolo e dandogli se stesso come partner di amicizia e di dialogo, in vista dell’unità di tutti coloro che Egli ama. In virtù di questa unità e di questa alleanza ciascuno vede nell’altro anzitutto uno simile a sé, come lui amato e perdonato, e se è cristiano legge nel suo volto il riflesso della gloria di Cristo e lo splendore della Trinità. Può dire al fratello: tu sei sommamente importante per me, ciò che è mio è tuo. Ti amo più di me stesso, le tue cose mi importano più delle mie. E poiché mi importa sommamente il bene tuo, mi importa il bene di tutti, il bene dell’umanità nuova: non più solo il bene della famiglia, del clan, della tribù, della razza, dell’etnia, del movimento, del partito, della nazione, ma il bene dell’umanità intera: questa è la pace.

Letture dalla Bibbia e dal Corano

Dal Libro dell’Apocalisse (21,2-5)

E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva:

«Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate».

E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». E soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e vere».

Sura XCIII, La luce del mattino

In nome di Allah, il Compassionevole, il Misericordioso.

1. Per la luce del mattino,

2. per la notte quando si addensa:

3. il tuo Signore non ti ha abbandonato e non ti disprezza

4. e per te l’altra vita sarà migliore della precedente.

5. Il tuo Signore ti darà [in abbondanza] e ne sarai soddisfatto.

6. Non ti ha trovato orfano e ti ha dato rifugio?

7. Non ti ha trovato smarrito e ti ha dato la guida?

8. Non ti ha trovato povero e ti ha arricchito?

9. Dunque non opprimere l’orfano,

10. non respingere il mendicante,

11. e proclama la grazia del tuo Signore.

Sura VIII, v. 61 Se inclinano alla pace, inclina anche tu ad essa e riponi la tua fiducia in Allah. Egli è Colui che tutto ascolta e conosce.

Sura XXV, v. 63

I servi del Compassionevole sono coloro che camminano sulla terra in umiltà, e quando gli ignoranti si rivolgono loro, rispondono “Pace!”.

Approfondisci

Rivedi gli incontri sul tema della pace, promossi dalla Casa della Carità all’indomani dello scoppio della guerra in Ucraina


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