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La Casa è maggiorenne: dialogo con don Colmegna

Un’intervista con il nostro presidente don Virginio Colmegna, per tracciare un bilancio di questi 18 anni e guardare al futuro.

La Casa della Carità sta per diventare maggiorenne, un traguardo importante. Vuoi fare un bilancio di questi 18 anni?

Vorrei fare un bilancio su due livelli, uno sul piano strettamente personale, l’altro a livello di organizzazione.
Personalmente, questi 18 anni vissuti alla Casa della carità sono stati straordinari, perché hanno fatto maturare e crescere in me la consapevolezza di essere segnato profondamente dalla condivisione con le fragilità, con gli ultimi, che ci consegnano doni grandi e preziosi. È stato un insegnamento forte, importante, del quale mi ritrovo arricchito. 
Per quanto riguarda Casa della carità, devo dire ancora una volta grazie al cardinal Martini e alla sua intuizione, che oggi diventa straordinariamente attuale, di renderla un laboratorio di umanità, capace di sviluppare ospitalità nel segno della gratuità. E sempre grazie alla spinta di Martini, che ha voluto che fossimo non solo luogo di accoglienza ma anche di cultura, questi anni sono stati attraversati dagli interrogativi, dalle inquietudini, dalle riflessioni culturali, dagli incontri e da una spiritualità profonda, che hanno dato alla nostra azione sociale la capacità di generare fecondità politica. Sono tutti elementi che consentono il superamento della visione assistenzialistica e di sviluppare invece cittadinanza attiva e amicizia civica.

Don Colmegna con il Cardinale Martini, nel maggio 2005 alla Casa della Carità

Non nego che ci sono stati anche fatiche e momenti di difficoltà, ma adesso che diventiamo maggiorenni è il tempo di guardare avanti e percorrere un cammino di crescita che deve coinvolgere tutti quelli che hanno a cuore questa Casa.
Per questi 18 anni devo dire grazie a quanti hanno arricchito quotidianamente il percorso della Fondazione: in primis gli ospiti, gli operatori e i volontari; e poi sicuramente i tanti donatori che, sostenendoci economicamente, ci hanno dato la capacità di continuare.

Questo anniversario sarà festeggiato in un 2020 segnato da una pandemia che ha travolto il mondo in modo inaspettato. Che compleanno sarà, in questo contesto?

Questo periodo di pandemia rischia di travolgerci, ma stiamo reagendo continuamente. Come organizzazione, stiamo mettendo in campo tutte quelle misure che ci consentano di proseguire le nostre attività nella massima tutela di ospiti e operatori. 
Ma stiamo anche reagendo sul piano della riflessione. Il covid, infatti, rischia di farci rinchiudere sempre più in noi stessi: vedo purtroppo realizzarsi quel “distanziamento sociale” di cui tanto si è parlato negli scorsi mesi, utilizzando a sproposito il termine “sociale”, quando invece si doveva parlare di “distanziamento fisico”, e avverto che sta venendo a mancare quel senso di solidarietà che era stato determinante per superare, soprattutto dal punto di vista emotivo e psicologico, la prima ondata.

Don Virginio alla mensa della Casa della carità, dove pranzano insieme ospiti, operatori e volontari – Foto: Marco Garofalo

Ci stiamo arroccando sull’individualismo, mentre invece avremmo bisogno di ricostruire una cultura della fraternità e della sororità; abbiamo bisogno di respirare il “noi” e la capacità di essere inclusivi. Per superare questa fase, servono allora un bagaglio etico, una spiritualità profonda, un silenzio capace di generare novità; serve una vera e propria formazione delle coscienze e quindi il lavoro educativo diventa ancora più importante. Dobbiamo, ancora una volta, farci educare dai poveri: il senso dell’ospitalità diventa determinante e le parole chiave sono sempre gratuità, accoglienza, cultura anzi culture, dialogo.

In occasione di questo anniversario, sarà proposta una meditazione sull’ultima enciclica di Papa Francesco “Fratelli tutti”. Che significato ha questo testo per il cammino della Casa? 

Come ho già avuto modo di dire, l’Enciclica “Fratelli tutti” è un dono per tutta l’umanità perché, come con la “Laudato Sì”, Papa Francesco parla a tutti, credenti e non credenti. Le due encicliche sono in rapporto stretto tra loro e si potrebbe rileggere l’ultima a fondamento della precedente.
Dopo esserci fatti trascinare dalla “Laudato Sì”, sulla quale abbiamo lavorato tanto in questi anni, promuovendo anche un’associazione con altri singoli e altre realtà, vogliamo interiorizzare nel nostro cammino di Casa della carità anche la “Fratelli tutti”. E devo dire che ci sentiamo fortemente chiamati in causa da questo testo, perché vi ritornano due elementi che sono per noi importantissimi: il farsi prossimo e la parabola del buon samaritano.

Alcuni ospiti musulmani in preghiera alla Casa della carità – Foto: Marco Garofalo

“Farsi prossimo” è, infatti, la lettera pastorale di Martini, che è per noi è fondativa, tanto da essere riportata anche nel nostro statuto. La parabola del buon samaritano, cioè colui che si mette a soccorrere lo straniero ferito che giace sul ciglio della strada, ci è invece stata lasciata dal cardinale Dionigi Tettamanzi, in occasione dell’inaugurazione della nostra sede. Questa parabola, che è la chiave interpretativa e propositiva dell’Enciclica, ci indica il modo di vivere la carità: una carità che entra nella politica, che diventa capacità di esprimere spiritualità, fratellanza, dialogo ecumenico, partendo dal basso, dalle periferie. C’è, nella “Fratelli tutti”, uno sguardo nuovo che diventerà la base di tante riflessioni, che faremo a partire dall’anniversario, con la teologa Cristina Simonelli e suor Chiara Francesca Lacchini, presidente del Consiglio della Federazione Italiana Clarisse Cappuccine, e poi in un documento che stiamo elaborando con la Casa della cultura di Milano.

Che cosa auguri alla Casa della carità per il suo futuro da maggiorenne?

Per la maggiore età, alla Casa della carità auguro un futuro carico di speranza, attraversato dalla spiritualità, in cui non si perdano i valori che ci hanno caratterizzato finora: il fiume dell’ospitalità, la pedagogia dello stare nel mezzo, il partire dagli ultimi. Queste parole chiave devono essere avvolte da quella straordinaria risorsa, che in questi anni abbiamo dimostrato di avere, che è quella di non smettere di innovare, non perdendo mai di vista che la carità è l’elemento fondamentale: il rapporto tra carità e giustizia, tra carità e ospitalità, tra carità e politica. Anche da maggiorenni dobbiamo mantenere la capacità di progettare pensiero e iniziative di movimento dal basso. E noi un po’ lo stiamo già costruendo questo domani, con il percorso di “Regaliamoci futuro”, che ha coinvolto operatori e volontari e  ha messo insieme tante idee e tanto materiale, di cui vi racconteremo presto.

Durante la pandemia, gli operatori della Casa della carità fanno visita a un’anziana del quartiere. E le dedicano una canzone

Un altro augurio è quello di continuare a rafforzare quella rete – formata dall’Associazione Volontari, dall’Associazione Amici Casa della carità con l’esperienza nazionale delle Reti della carità, dal Centro Ambrosiano di Solidarietà, dall’Associazione SON – Speranza Oltre Noi e dalla neonata Associazione Prima la comunità – che nel cammino di Casa della carità apre tanti percorsi, su altrettanti temi, come la disabilità, la salute, le dipendenze, la violenza contro le donne, sui quali non vogliamo far mancare il nostro impegno.
E da ultimo ma non meno importante, mi auguro che la Casa sappia mantenere la caratteristica della “gratuità”, che le consente di aiutare gli ultimi degli ultimi, i “resti”, coloro che nessun altro accoglie, con quella forte carica spirituale che ci ha sempre animato.

Che cosa auguri alla Casa della carità per il suo futuro da maggiorenne?

Per la maggiore età, alla Casa della carità auguro un futuro carico di speranza, attraversato dalla spiritualità, in cui non si perdano i valori che ci hanno caratterizzato finora: il fiume dell’ospitalità, la pedagogia dello stare nel mezzo, il partire dagli ultimi. Queste parole chiave devono essere avvolte da quella straordinaria risorsa, che in questi anni abbiamo dimostrato di avere, che è quella di non smettere di innovare, non perdendo mai di vista che la carità è l’elemento fondamentale: il rapporto tra carità e giustizia, tra carità e ospitalità, tra carità e politica. Anche da maggiorenni dobbiamo mantenere la capacità di progettare pensiero e iniziative di movimento dal basso. E noi un po’ lo stiamo già costruendo questo domani, con il percorso di “Regaliamoci futuro”, che ha coinvolto operatori e volontari e  ha messo insieme tante idee e tanto materiale, di cui vi racconteremo presto.

Ospiti, volontarie e operatori in un momento di relax al secondo piano della sede di via Brambilla – Foto: Marco Garofalo

Un altro augurio è quello di continuare a rafforzare quella rete – formata dall’Associazione Volontari, dall’Associazione Amici Casa della carità con l’esperienza nazionale delle Reti della carità, dal Centro Ambrosiano di Solidarietà, dall’Associazione SON – Speranza Oltre Noi e dalla neonata Associazione Prima la comunità – che nel cammino di Casa della carità apre tanti percorsi, su altrettanti temi, come la disabilità, la salute, le dipendenze, la violenza contro le donne, sui quali non vogliamo far mancare il nostro impegno.
E da ultimo ma non meno importante, mi auguro che la Casa sappia mantenere la caratteristica della “gratuità”, che le consente di aiutare gli ultimi degli ultimi, i “resti”, coloro che nessun altro accoglie, con quella forte carica spirituale che ci ha sempre animato.


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