Quando si parla di violenza contro le donne, non ci sono solo i maltrattamenti fisici, ma anche i soprusi psicologici. Come è successo ad Angela, che alla Casa della Carità è potuta rinascere
Quando si parla di violenza contro le donne non ci sono solamente le botte e i maltrattamenti fisici. Spesso la violenza di un uomo verso la propria partner o ex si manifesta anche attraverso abusi di tipo psicologico: atteggiamenti costanti di sospetto, svalutazione della donna e delle sue capacità, insulti, umiliazioni, critiche continue o tentativi di far sentire la vittima responsabile del comportamento dell’aggressore.
Secondo un’indagine sulla violenza di genere del 2024, è quanto ha vissuto almeno una volta nella loro vita il 32% delle donne che abitano nell’Unione Europea. Ed è quanto, per 10 lunghi anni, ha subito Angela, che è stata accolta per alcuni anni alla Casa della Carità.
Una violenza che lascia segni profondi
I soprusi subiti, infatti, hanno lasciato segni profondi nella vita e nella salute mentale di Angela che, prima di arrivare alla Casa, si era persino ritrovata a vivere in strada.
Angela, oggi 60enne, è una donna milanese che per molti anni ha vissuto nelle Marche. Fino agli inizi degli anni 2000 la sua vita andava molto bene: aveva una bella famiglia e un ottimo lavoro. La perdita di entrambi i genitori quando era ancora relativamente giovane e la separazione dal compagno di allora, le lasciano però un grande dolore.
In quegli anni, in cui già è molto fragile, Angela incontra un uomo che, ha raccontato lei stessa, «mi ha distrutto la vita».
Quella subita da Angela non è stata una violenza fisica, ma psicologica ed economica: «Mi ha levato tutto quello che avevo, i miei soldi, mi costringeva a lavorare per lui fino a che ha trovato un’altra donna. A quel punto mi ha mandata via di casa e io mi sono ritrovata senza un tetto sulla testa, senza un lavoro, senza niente».
Angela allora decide di tornare a Milano, perché in città spera di avere una chance per ricominciare. Come spesso succede alle donne vittime di violenza, però, gli abusi subiti hanno lasciato segni profondi sulla salute mentale di Angela: «Ero profondamente depressa, non riuscivo a trovare lavoro e ho cominciato a vivere nei dormitori, fino a che ho deciso di stare per strada».
Dalla vita in strada alla Casa della Carità
La vita di strada per Angela e durissima e si ammala gravemente. A salvarla è il personale dell’ATM e i carabinieri: «Ogni giorno, mi vedevano viaggiare sui mezzi avanti e indietro. Ero proprio malridotta e per questo, anche se io avevo paura, mi hanno convinta ad andare in ospedale»
Dopo il ricovero, Angela arriva alla Casa della Carità, dove, racconta Stefano Bianchi, responsabile dell’équipe “alta intensità”, «l’abbiamo aiutata a entrare in contatto con i servizi medici, perché aveva anche dei problemi alla schiena, con il CPS, con l’assistente sociale».
Quando ha iniziato a stare un po’ meglio, Angela ha fatto per un periodo la badante nel quartiere e ha partecipato a diverse borse lavoro protette. Ma le sue condizioni psicofisiche restavano fragili, e mantenere un lavoro stabile era molto difficile. Per questo è stata accompagnata a presentare la domanda di invalidità e quella per la casa popolare.
L’assegnazione è arrivata qualche settimana fa, e Angela finalmente ha ora un posto tutto suo dove vivere: «Devo dire grazie alle educatrici, agli educatori e alle dottoresse della Casa della Carità, perché mi hanno aiutata, e qui dentro sono rinata, fisicamente, psicologicamente e come persona», ha detto Angela.