Intervista a due giovani che lo scorso anno hanno fatto parte della squadra di volontarie e volontari che ha animato il doposcuola della Casa
Se, come afferma la presidente dell’Associazione Volontari Casa della Carità Gemma Di Marino, tra le volontarie e volontari della Fondazione c’è una “biodiversità delle età”, è vero anche che la maggior parte di loro sono persone di una certa età che, essendo magari in pensione, hanno molto tempo libero a disposizione.
Eppure, tra i volontari i giovani non mancano. Sono per esempio quelli impegnati nel doposcuola del venerdì pomeriggio, un’attività dedicata ai bambini e alle bambine ospiti della Casa – dai progetti CAS e SAI1 alla Tillanzia, fino alle casette per famiglie in emergenza abitativa – che frequentano le scuole elementari.
«Nell’ultimo anno scolastico abbiamo coinvolto 6 persone, tra ragazze e ragazzi, sia studenti delle scuole superiori che universitari», dice Elena Marchesi, operatrice dei progetti per famiglie rifugiate, che coordina il doposcuola.
Alcune erano persone, giovani, che dovevano svolgere i lavori di pubblica utilità alla Casa, ma diversi sono ragazzi arrivati dai clan scout. Come Francesco Bondurri e Mario De Rossi, che ci hanno raccontato la loro esperienza.
Francesco
Francesco, 17 anni, non aveva mai fatto volontariato prima: «La proposta di venire alla Casa per svolgere diverse attività è arrivata dai nostri capi scout e quando siamo arrivati qui ci hanno detto che ci saremmo occupati del doposcuola», spiega.
Francesco è stato impegnato da ottobre a maggio: «Mi occupavo di far fare i compiti ai bambini e poi giocavamo tutti insieme, anche con i fratellini e le sorelline più piccole. Ogni volontario seguiva un bambino, che non era mai lo stesso, così ci siamo conosciuti tutti».
Gli chiediamo che cosa gli è rimasto di questa esperienza: «All’inizio c’era un po’ di imbarazzo, ma poi piano piano si è creato un bel legame con i bambini, tanto che, finiti i compiti e i giochi, ci fermavamo anche a chiacchierare e ci raccontavamo com’era andata la nostra giornata».
E conclude: «Per me è stata la primissima esperienza di volontariato e penso che la rifarò, anche perché fa parte del percorso scout svolgere un’attività di volontariato diversa ogni anno».
Mario
Mario De Rossi di anni ne ha 18 e anche lui è stato coinvolto nel doposcuola dai suoi capi scout: «Ho scelto questa attività perché mi interessava il doposcuola e mi piaceva il fatto di entrare in una realtà dove io ero sì una parte, ma poi c’erano anche altri servizi. Mi interessava la moltitudine di progetti che la Casa della Carità porta avanti», dice.
Anche per Mario è stata la prima esperienza “strutturata” di volontariato, che vorrebbe ripetere in futuro: «Lavorare con i bambini mi è sempre piaciuto, ho fatto anche l’animatore all’oratorio con i bambini più piccoli, ma mi piacerebbe molto aiutare a studiare i ragazzi più grandi».
Anche a lui chiediamo un ricordo di questo anno: «Il ricordo migliore che ho sono le gare di nascondino. Era la fine dell’anno, cominciava a fare caldo e quindi per giocare andavamo al parco; i bambini li conoscevo già da un po’ di tempo, quindi eravamo entrati in un bel rapporto. Se penso che sono persone, come le bambine arrivate da Gaza, che hanno storie difficili e toccanti alle spalle, la loro gioia nel gioco è sicuramente il ricordo che porto con me».
E un consiglio per i giovani che vogliono proporsi per il volontariato al doposcuola: «Bisogna avere tanta pazienza, soprattutto all’inizio quando i bambini magari sono un po’ più chiusi. Bisogna tenere duro lì, all’inizio, perché poi quando vedono che li aiuti a fare i compiti, che sei gentile, piano piano si aprono e si crea un bel legame e vedi che vale veramente la pena fare questa cosa, anche per te stesso».
Il doposcuola della Casa della Carità
Ogni venerdì, dalle 17 alle 19, ospitato dai locali della Fondazione SON – Speranza Oltre Noi, si svolge il doposcuola della Casa della Carità: «All’inizio era nato come spazio di aiuto per i compiti e un momento di gioco per i bambini delle elementari, ma col tempo ci siamo accorte che c’era un bisogno anche per i loro fratelli e sorelle più piccoli. E così abbiamo creato due momenti: uno dedicato ai compiti e uno dedicato al gioco. Abbiamo provato a coinvolgere anche qualche ospite che frequenta le medie, ma non ha funzionato e li abbiamo indirizzati nei centri di aggregazione giovanile», spiega Elena Marchesi che è presente ogni venerdì insieme alla collega Krystyna Kostin.
Le attività cominciano con una merenda tutti insieme, poi c’è un’ora e mezza di compiti e infine si gioca. Le attività con i bambini sono anche un gancio importante per conoscere e coinvolgere le loro famiglie.
«La cosa bella, secondo me, è il fatto che questa attività coinvolga bambine e bambini provenienti da diversi progetti della Casa e questo ci fa conoscere meglio le altre équipe. E poi è bello che i volontari e le volontarie che partecipano siano molto giovani, perché permette di creare un legame di gioco con i bambini», conclude Elena.
- CAS sta per Centro di Accoglienza Straordinaria e SAI significa Sistema di Accoglienza e Integrazione dove la Casa ospita famiglie rifugiate provenienti da diversi Paesi ↩︎