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Cittadinanza e Diritti: le Differenze tra Ius soli, Ius scholae e Ius culturae

Scopri le differenze tra Ius soli, Ius scholae e Ius culturae e come la legge sulla cittadinanza influisce sull’integrazione delle persone straniere.

La cittadinanza rappresenta il legame giuridico tra una persona e lo Stato, e si configura come una condizione che garantisce il pieno esercizio dei diritti civili e politici previsti dall’ordinamento. In Italia, l’idea moderna di cittadinanza ha preso forma con la nascita dello Stato unitario ed è attualmente regolata dalla legge del 5 febbraio 1992, n. 91.

La cittadinanza italiana si acquisisce principalmente tramite Ius sanguinis, ovvero per discendenza: è cittadino italiano chi nasce o viene adottato da almeno un genitore italiano. Possono ottenere la cittadinanza tramite Ius sanguinis anche persone nate e cresciute all’estero, discendenti di un cittadino o di una cittadina italiana. 

Attualmente lo Ius soli rappresenta un’eccezione, applicabile a chi nasce in Italia da genitori apolidi, ignoti, oppure che non possono trasmettere la propria cittadinanza secondo le norme del loro Stato di origine.

Anche le persone straniere possono ottenere la cittadinanza italiana, a condizione che risiedano legalmente e ininterrottamente nel Paese da almeno 10 anni e soddisfino determinati requisiti, tra cui: conoscenza della lingua italiana non inferiore al livello B1, un reddito sufficiente, l’assenza di condanne penali e la mancanza di motivi ostativi legati alla sicurezza dello Stato.

Un’ulteriore modalità di accesso è il matrimonio. In questo caso, la cittadinanza viene concessa con un provvedimento del prefetto competente per territorio in base alla residenza della persona richiedente.

Qual è la differenza tra i principi dello Ius sanguinis e dello Ius soli? E cosa significano, invece, i termini più recenti come Ius scholae e Ius culturae? In questo articolo facciamo chiarezza su questi concetti e su come si può acquisire la cittadinanza in Italia.

Ius soli, Ius scholae, Ius culturae, Ius sanguinis: qual’è la differenza

Ius soli

Lo Ius soli è il principio secondo cui una persona diventa cittadina di un Paese perché è nata sul suo territorio, a prescindere dalla cittadinanza dei genitori. In Europa, i Paesi in cui vige lo Ius soli, seppure in una forma “temperata” sono Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna. È applicato anche negli Stati Uniti.

Ius culturae

Di Ius culturae si inizia a parlare nel 2015, quando viene presentata una proposta di riforma della legge sulla cittadinanza, che prevedeva, oltre all’estensione dei casi di acquisizione della cittadinanza per nascita (ius soli temperato), l’introduzione di una nuova forma di acquisto della cittadinanza per i minori stranieri nati in Italia, oppure arrivati prima dei 12 anni, che avessero superato con successo di un ciclo di studi per almeno cinque anni o un percorso di istruzione e formazione triennale o quadriennale per ottenere una qualifica professionale. Prevedeva poi che i minori nati all’estero, arrivati in Italia fra i 12 e i 18 anni potessero richiedere la cittadinanza dopo un periodo di residenza di almeno sei anni e avendo superato un ciclo scolastico.

La proposta di riforma era stata approvata dalla Camera nel 2015, ma non dal Senato ed è decaduta a causa della fine della legislatura.

Ius scholae

Lo Ius scholae era previsto da proposta di riforma della legge italiana sulla cittadinanza del 2022 che, similmente allo Ius culturae, prevedeva il riconoscimento della cittadinanza per minori nati in Italia o arrivati prima dei 12 anni, che avessero risieduto nel Paese legalmente e senza interruzioni frequentando regolarmente almeno 5 anni di studio, in uno o più cicli scolastici. Anche questa proposta non è stata approvata.

Ius sanguinis

Lo Ius sanguinis prevede che la cittadinanza si acquisisca per diritto di sangue e cioè se si è figli di almeno un genitore con cittadinanza. È la legge attualmente in vigore in Italia e prevede che possano ottenere la cittadinanza anche quelle persone nate e cresciute all’estero che possono dimostrare di avere un avo italiano dalla proclamazione del Regno d’Italia nel 1861 in avanti. Nel marzo 2025 è stata approvata una riforma per cui le persone nate all’estero saranno automaticamente cittadine italiane soltanto per due generazioni e cioè se hanno almeno un genitore, un nonno o una nonna nati in Italia.  La riforma ha come obiettivo quello di contrastare gli abusi che hanno consentito a migliaia di cittadini stranieri discendenti da italiani, di ottenere la cittadinanza pur in assenza di un reale legame con l’Italia, senza conoscenza della lingua e senza aver mai soggiornato nel Paese.

Ius scholae e ius culturae: le differenze chiave 

Ius scholae e Ius culturae sono termini apparsi dopo il 2015 nel dibattito sulla riforma della legge italiana sulla cittadinanza. Sono molto simili e prevedevano entrambi che i minori figli di cittadini stranieri, nati in Italia o arrivati prima dei 12 anni, acquisissero la cittadinanza dopo il completamento di un percorso di studi o di formazione.

Nel caso dello Ius culturae si prevedeva il completamento con successo di un ciclo di formazione. Lo Ius Scholae prevedeva invece 5 anni di frequenza scolastica regolare in Italia, anche distribuiti tra diversi cicli scolastici.

L’impatto dello Ius soli sulla società italiana

Attualmente, una persona nata in Italia da genitori stranieri può richiedere la cittadinanza solo al compimento della maggiore età, a condizione di aver vissuto legalmente e ininterrottamente sul territorio italiano per tutti i 18 anni. La domanda deve essere presentata entro un anno dal raggiungimento della maggiore età. Se non si è risieduto in Italia ininterrottamente fino ai 18 anni, si può richiedere la cittadinanza per naturalizzazione dopo 10 anni di residenza legale e ininterrotta.

Il processo per l’ottenimento della cittadinanza non è poi automatico, ma è lungo e costellato di insidie burocratiche e in genere occorrono altri 3 anni per ottenerla. Se manca anche solo un documento, una ricevuta, un certificato che attesti uno dei requisiti, bisogna rifare la pratica.

Se fosse stata approvata la legge di riforma del 2015, che prevedeva uno Ius soli “temperato” – per cui potevano fare domanda di cittadinanza persone nate in Italia da genitori stranieri, di cui almeno uno in possesso del permesso per soggiornanti di lungo periodo (cittadini extra Ue) o il “diritto di soggiorno permanente” (cittadini Ue) – si era calcolato che avrebbero ottenuto la cittadinanza circa 634mila persone, a cui si sarebbero aggiunti 45-50 mila potenziali nuovi italiani ogni anno.

Ius culturae e Ius scholae: promuovere l’integrazione attraverso la cultura

Secondo gli ultimi dati del Ministero dell’Istruzione disponibili, relativi all’anno scolastico 2022/2023 dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria,  ci sono 914.860 studenti di cittadinanza non italiana, l’11,2% del totale. Il 65,4% di loro è nato in Italia. Tra i 200 paesi di provenienza, loro o dei genitori, il più rappresentato è la Romania, seguita da Albania, Marocco, Cina, Ucraina.

Durante l’infanzia e l’adolescenza, la cittadinanza gioca un ruolo cruciale nello sviluppo dell’identità e nella partecipazione alla vita collettiva. La sua mancanza limita non solo l’accesso ad attività scolastiche fondamentali – come gite, scambi culturali o competizioni sportive – ma contribuisce anche a un senso di esclusione e di estraneità, con effetti negativi sulla crescita personale e sociale.

I minori di origine straniera vivono spesso in un equilibrio complesso tra più identità culturali. Negare loro la cittadinanza significa aumentare la loro vulnerabilità a discriminazioni e stereotipi, ostacolando percorsi di integrazione già avviati. 

La scuola, come dimostrano anche i dati, è il principale spazio di incontro e convivenza tra studenti e studentesse di origini diverse e spesso, pur con risorse limitate, rappresenta la prima vera palestra di cittadinanza. Riconoscere la cittadinanza italiana a chi nasce o cresce nel nostro Paese, attraverso modelli come lo Ius scholae o lo Ius culturae, significherebbe rafforzare il senso di appartenenza dei giovani con background migratorio e garantire loro diritti oggi negati.

Il referendum sulla cittadinanza dell’8 e 9 giugno 2025

L’8 e il 9 giugno 2025 si terrà un referendum che propone di ridurre da 10 a 5 anni il termine di soggiorno legale ininterrotto in Italia ai fini della presentazione della domanda di concessione della cittadinanza. In Italia la legge era già così dal 1865 al 1992 quando la legge n.91 ha introdotto questa modifica per i cittadini extra Ue.

La Casa della Carità sostiene questo referendum, perché questa semplice modifica rappresenterebbe una conquista decisiva per la vita di molte persone di origine straniera – circa 2,5 milioni di persone secondo le stime – che, in Italia nascono e crescono oppure vi abitano da anni che sono cittadini di fatto ma non di diritto.

Una volta che la persona maggiorenne ottiene la cittadinanza, questa sarebbe automaticamente trasmessa a figli e figlie minorenni conviventi, permettendo loro di partecipare a percorsi di studio all’estero, rappresentare l’Italia nelle competizioni sportive senza restrizioni e, al compimento dei 18 anni, votare o partecipare a concorsi pubblici come tutti gli altri cittadini italiani. Diritti oggi negati.

Il Referendum vuole allineare l’Italia ai maggiori paesi europei, dove già da tempo il termine di soggiorno continuativo per richiedere la cittadinanza è di 5 anni.

Fonti


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