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Il volontariato come atto politico: intervista Gemma Di Marino

Gemma Di Marino è presidente dell’Associazione Volontari Casa della Carità e racconta che cosa significa il volontariato nella Fondazione

Alla Casa della Carità è arrivata nel 2006, quando è andata in pensione, dopo una vita lavorativa in cui si è occupata di conti e bilanci. Da dicembre 2021, Gemma Di Marino è presidente dell’Associazione Volontari Casa della Carità, dopo essere stata vicepresidente nei 4 anni precedenti.

In questa intervista, ci racconta che cosa significa il volontariato alla Casa della Carità.

Gemma, di che cosa ti occupi come volontaria della Casa?

Quando sono arrivata non sapevo bene come avrei potuto essere utile, ma quando ho conosciuto il Centro d’Ascolto, mi ha subito colpita e – a parte una breve interruzione dovuta alla pandemia – sono quasi 20 anni che seguo questo servizio. Sono comunque una persona curiosa, mi piace girare per la Casa, vedere che cosa si muove e cerco di rendermi utile là dove serve. Dal 2023, sono anche volontaria e vicepresidente della Fondazione SON – Speranza Oltre Noi, che dista circa 500 metri da Casa della Carità. È un villaggio solidale abitato da persone con diversi tipi di fragilità.

Che cosa significa, per te, fare volontariato e in particolare farlo alla Casa della Carità?

Credo che impegnarsi nel volontariato sia un atto politico nel senso più nobile del termine, è una scelta che si fonda sul dono del proprio tempo, delle proprie energie e della propria umanità, che lascia un’impronta di senso, di cultura nella storia presente e futura della comunità. Fare volontariato è una risorsa inestimabile di cittadinanza attiva, come ha sempre detto don Virginio Colmegna, che definisce volontarie e volontari “cittadini responsabili”.

Fare volontariato alla Casa della Carità, in particolare, significa tante cose, innanzitutto costruire relazioni con le persone che abitano la Casa e quelle che si rivolgono ai servizi diurni, perché credo che la prima forma di carità sia quell’attenzione, quell’amore verso la persona che arriva, e quindi l’accoglienza in tutte le sue varie forme, che permette di far vivere, a ospiti e volontari, un clima di casa, un clima di fiducia.

E poi significa anche relazionarsi con le altre persone che si propongono di offrire il loro tempo. In questo senso, un momento del mio impegno come presidente dell’Associazione Volontari che mi piace molto è il colloquio con gli aspiranti volontari, che sono un flusso continuo; è un momento di ascolto e conoscenza di chi si propone, in cui si possono capire desideri, aspettative e come e quando possono dare il loro contributo.

Soprattutto, mi piace scoprire le motivazioni con cui arrivano, desideri che si accendono verso il fare il bene per sconfiggere il brutto. Sono tanti germogli nuovi che sanno di futuro, di sguardi plurali, che fanno pensare non tanto a una presenza numerica, ma culturale, generativa che fa spazio al confronto per fare emergere espressioni, modalità e linguaggi nuovi.

Essere volontaria o volontario della Casa della Carità significa anche guardare al futuro della Casa con una modalità aperta, avere una tensione a immaginare, accanto a quello che già c’è, qualcosa di nuovo che è possibile costruire.

Tutto questo, io penso che bisognerebbe sperimentarlo in prima persona, perché finché non lo si prova, non lo si pratica, è difficile anche spiegarlo.

Chi sono e di cosa si occupano le 135 persone volontarie della Casa (dato al 31 dicembre 2024)?

Mi piace dire che tra i nostri volontari e volontarie c’è una bella “biodiversità”, perché c’è una compresenza di varie generazioni e persone che arrivano da diversi contesti: giovani, studenti, casalinghe, lavoratrici e lavoratori di 30-40-50 anni e pensionati.

Nel corso dell’anno, portiamo avanti con dedizione e spirito di servizio tante attività, che contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi della Fondazione: dalle docce e guardaroba al centro d’ascolto, dalla scuola di italiano al sostegno scolastico, dalle manutenzioni al supporto negli eventi e in alcuni uffici o alla Biblioteca del Confine. Ci sono persone che seguono gli anziani del centro diurno della Casa e altre che organizzano momenti di svago per le persone ospiti il sabato mattina. C’è chi si occupa della distribuzione della posta e chi è impegnato nell’unità di strada dedicata alle persone senza dimora.

Che cos’è per te la Casa della Carità?

Per me Casa della Carità è il luogo del cuore. Ognuno di noi penso abbia un proprio luogo che ama. Il luogo del cuore per me è Casa della Carità, perché mi permette di crescere come persona, di riconoscere quelli che sono i valori fondanti della vita, che mi ha educato e continua a educarmi a riconoscere e valorizzare quello che è importante e significativo e quello che invece è meno importante.

[In apertura: Gemma Di Marino, in primo piano, con studenti e volontari della Scuola di Italiano]


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