Scopri cos’è la legge 185/90 e come regola l’export di armi in Italia, sostenendo pace, diritti umani, giustizia sociale e un impegno civile condiviso.
Nel febbraio 2025 le Commissioni Riunite Esteri e Difesa della Camera del Deputati hanno cominciato l’iter del Disegno di Legge di modifica della Legge 185/90, che riguarda la vendita di armi italiane all’estero.
La Legge 185/90 è molto importante, perché garantisce il controllo del Parlamento e dei cittadini sulle esportazioni di armi italiane.
Se le modifiche alla legge, già approvate dal Senato nel marzo 2024, verranno confermate dalla Camera, la norma rischia di essere depotenziata, rendendo meno efficaci importanti meccanismi di trasparenza, decisione e controllo su un settore che, per i flussi finanziari che ne alimentano produzione ed export, è molto delicato e ha conseguenze e impatti nelle situazioni di conflitto e sul rispetto dei diritti umani.
Leggi l’articolo per capire perché questa legge è così importante.
Che cos’è la legge 185 del 1990?
La Legge 185/1990 – nominata “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento” – è stata approvata dal Parlamento italiano nel luglio 1990 dopo una grande mobilitazione della società civile. La norma fu molto innovativa, tanto da ispirare anche regolamentazioni internazionali quali il Trattato ATT (Arms Trade Treaty), perché per la prima volta inseriva dei criteri non economici e di maggiore trasparenza nella valutazione per l’autorizzazione della vendita di armi italiane all’estero, permettendo al Parlamento e alla società civile di conoscere i dettagli di un mercato spesso molto opaco.
Come è nata la legge 185/90: contesto storico e motivazioni
La Legge 185/1990 è nata grazie anche alla forte mobilitazione di diverse personalità del mondo cattolico, come don Tonino Bello e padre Ernesto Balducci, e organizzazioni della società civile italiana, laiche e cattoliche, che già dagli anni ‘80, attraverso la campagna “Contro i mercanti di morte”, denunciavano i traffici di armi, anche illeciti, che coinvolgevano il nostro Paese.
In Italia, prima dell’entrata in vigore della legge 185/90, l’esportazione di armamenti era regolata da disposizioni genericamente riguardanti il commercio con l’estero, senza tenere in considerazione che nei paesi importatori vi fossero situazioni di conflitto o vi fossero situazioni di violazione dei diritti umani.
Già diverse proposte di legge a partire dagli anni ’70 avevano provato a modificare la normativa con l’obiettivo, raggiunto poi con la legge 185/90 di impedire che l’Italia vendesse armi a paesi in guerra o responsabili di violazioni dei diritti umani
Il principio alla base di queste proposte era che il commercio di armamenti non può essere considerato un’attività economica come le altre, ma deve essere subordinato a criteri etici, alla politica estera del nostro Paese e al rispetto dell’articolo 11 della Costituzione, che afferma che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Le modifiche principali alla legge 185/90 e il loro impatto
Attualmente, la legge 185/1990 regola in modo rigoroso la produzione e l’esportazione di armi italiane. Se le modifiche, già approvate in Senato, verranno confermate anche dalla Camera dei Deputati, verranno ridotti importanti meccanismi di trasparenza, come per esempio la relazione annuale al Parlamento, rendendo opachi se non sconosciuti i finanziatori del settore.
Come conseguenza, per chi esercita attività di advocacy, ma anche per i semplici cittadini, diventa più difficile chiedere alle banche che disinvestano dal settore delle armi e verificare che non vengano esportate armi verso Paesi coinvolti in conflitti.
Con le modifiche il potere decisionale su questo tema passa sempre di più al Governo e viene sottratto al Parlamento.
Come funziona la normativa legge 185/90: procedure e controlli
La legge 185/90 disciplina il controllo dell’esportazione, importazione e transito di armi secondo questi punti chiave:
- le decisioni sulle esportazioni di armamenti devono essere conformi alla politica estera e di difesa dello Stato «secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» elencando una precisa serie di divieti (art.1)
- introduce un sistema di controlli, che prevede specifiche procedure di rilascio delle autorizzazioni prima della vendita, oltre che modalità di controllo sulla destinazione finale degli armamenti
- richiede al Governo di inviare al Parlamento attraverso una relazione annuale del/della Presidente del Consiglio dei Ministri che dettagli quantità, destinatari e altre informazioni rilevanti sulle esportazioni
La legge 185/90, in sintesi, prevede un sistema di:
Autorizzazioni:
• L’azienda che vuole esportare deve richiedere l’autorizzazione al Governo
• Destinatari possono essere solo governi esteri od imprese da questi autorizzati
• Alla richiesta va allegato un Certificato di Uso Finale (CUF) rilasciato dal Governo destinatario e attestante che il materiale verrà esportato per proprio uso e che non verrà riesportato a terzi
Divieti di vendita verso:
• Paesi in stato di conflitto armato
• Paesi la cui politica contrasti con l’articolo 11 della Costituzione italiana
• Paesi sotto embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte dell’ONU o dell’UE
• Paesi responsabili di accertate gravi violazioni delle Convenzioni sui diritti umani
• Paesi che, ricevendo aiuti dall’Italia, destinino al proprio bilancio militare risorse eccedenti le esigenze di difesa del paese
Legge 185 del 1990 e la tutela dei diritti umani
La Legge 185/90 ha l’obiettivo di prevenire il sostegno economico a guerre e abusi sui diritti umani fondamentali attraverso la regolamentazione delle vendite di equipaggiamenti militari e bellici all’estero.
In particolare, impedisce la vendita di armamenti a nazioni coinvolte in scontri militari o responsabili di violazioni dei diritti della persona, e stabilisce un meccanismo di licenze che richiede l’approvazione governativa e la produzione di una dichiarazione sull’utilizzo finale per assicurare che gli armamenti non vengano successivamente rivenduti ad altri paesi.
Cosa propone la petizione “Basta favori ai mercanti di armi”
Nei mesi scorsi, diverse organizzazioni della società civile impegnate nella promozione della pace, del disarmo, della protezione umanitaria e del rispetto dei diritti umani si sono mobilitate in difesa della Legge 185/90, promuovendo per esempio la petizione “Basta favori ai mercanti di armi”, che chiede di mantenere i meccanismi di autorizzazione, controllo e trasparenza della legge.
Le richieste della campagna, sostenute anche dalla Casa della Carità, sono:
- Reintrodurre la possibilità per il CISD di ricevere informazioni sul rispetto dei diritti umani anche da parte delle organizzazioni riconosciute dall’ONU e dall’Unione Europea e da parte delle organizzazioni non governative riconosciute”
- Fare in modo che la reintroduzione del Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa (CISD), utile luogo di presa di responsabilità da parte della politica sulle questioni riguardanti l’export di armi, non si trasformi in un “via libera” preventivo a qualsiasi vendita di armi, ma sia sempre bilanciato dall’analisi tecnica e informata degli uffici preposti presso la Presidenza del Consiglio, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il Ministero della Difesa
- Inserire nella norma nazionale un richiamo esplicito al Trattato sul commercio delle armi (Arms Trade Treaty) – che non era presente nel testo originario della Legge 185/90 in quanto entrato in vigore solo nel 2014 – e ai suoi principi e criteri decisionali che hanno precedenza sulle leggi nazionali, con forza normativa maggiore di natura internazionale
- Migliorare la trasparenza complessiva sull’export di armi rendendo più completi e leggibili i dati della Relazione al Parlamento, in particolare contenendo indicazioni analitiche per tipi, quantità, valori monetari e Paesi destinatari delle armi autorizzate con esplicitazione del numero della Autorizzazione MAE (Maeci), gli stati di avanzamento annuali sulle esportazioni, importazioni e transiti di materiali di armamento e sulle esportazioni di servizi oggetto dei controlli e delle autorizzazioni previste dalla legge
- Impedire la cancellazione integrale della parte della Relazione annuale al Parlamento che riporta i dettagli dell’interazione tra banche e aziende militari
- Impedire l’eliminazione dell’Ufficio di coordinamento della produzione di materiali di armamento presso la Presidenza del Consiglio, unico che potrebbe avanzare pareri, informazioni e proposte per la riconversione a fini civili delle industrie nel settore della difesa
Il ruolo della Casa della Carità nel promuovere la cultura della pace e della responsabilità civica
La Casa della Carità conosce bene le conseguenze della guerra, perché negli anni ha ospitato centinaia di persone che hanno dovuto lasciare il loro Paese a causa di conflitti armati.
Per questo, da sempre la Casa è impegnata nella diffusione di una cultura di pace, attraverso la promozione o la partecipazione a iniziative di educazione e sensibilizzazione sui temi del disarmo e dei diritti, con l’obiettivo di costruire ponti e comunità più inclusive e solidali.
Tra le iniziative promosse ci sono:
- Organizzazione e partecipazione a marce per la pace
- Adesione ad appelli per fermare le guerre
- Organizzazione di eventi culturali di approfondimento, per esempio:
- Tramite Reti della Carità, promozione di due incontri con focus su quanto sta accadendo in Medio Oriente e in Ucraina, la partecipazione all’iniziativa “Piazze per la Pace” e sostegno alla missione di solidarietà a Kiev del Movimento Europeo di Azione Non Violenta – MEAN
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