La Casa della Carità, con il suo presidente don Paolo Selmi, ricorda Papa Francesco, scomparso il 21 aprile 2025
La Casa della Carità è profondamente commossa e addolorata per l’improvvisa scomparsa di Papa Francesco. Fin dall’inizio del suo pontificato, segnato da quel semplice “Buonasera” con cui ha salutato il mondo dopo la sua elezione e dalla scelta del nome, ispirato a San Francesco d’Assisi, il suo cammino si è distinto per i segni di povertà, umiltà e conversione che egli stesso ha incarnato.
Le sue parole e i suoi gesti, dalla prima visita a Lampedusa fino a quella al carcere romano di Regina Coeli nell’ultimo Giovedì Santo, sono stati per noi una guida, che abbiamo visto in continuità con gli insegnamenti del cardinale Carlo Maria Martini.
Attraverso i suoi scritti – come l’esortazione Evangelii Gaudium e le encicliche Laudato Si’ e Fratelli tutti – Papa Francesco ha saputo parlare non soltanto ai cattolici, ma anche ai credenti di altre religioni e ai non credenti, offrendo all’umanità intera un dono prezioso di riflessione e speranza.
In questi dodici anni di pontificato ha incessantemente esortato tutte e tutti a partire dai margini, dalle periferie “geografiche ed esistenziali”, ad accogliere le fragilità e a contrastare ogni esclusione sociale, da lui definita “cultura dello scarto”. Bergoglio ha posto i poveri al centro della sua riflessione teologica. “La loro mano tesa verso di noi – ha scritto in un messaggio per la Giornata Mondiale dei Poveri da lui istituita – è un invito a uscire dalle nostre sicurezze, a costruire relazioni autentiche, a condividere esperienze e a guardare il mondo dalla loro prospettiva”. Si tratta di un forte cambiamento culturale, che richiede di abbandonare ogni forma di assistenzialismo e di assumere i poveri come punto di riferimento per le nostre scelte.
Lo ha testimoniato in tante occasioni, ma è stato particolarmente significativo per una Casa come la nostra fortemente radicata a Milano, quando nel 2017 il Papa è venuto nella nostra città, cominciando la sua visita dalle Case Bianche di via Salomone, nell’estrema periferia sud-est, cui parteciparono anche alcune ospiti rom della Casa, e continuando con un pranzo insieme ai detenuti del carcere di San Vittore.
Di grande ispirazione per noi è sempre stata la sua attenzione al tema delle migrazioni. Fin dal suo primo viaggio, che lo ha portato a Lampedusa, luogo di approdo di tanti viaggi della speranza, dove ha denunciato la “globalizzazione dell’indifferenza”, che “rende insensibili alle grida degli altri”. Nei suoi messaggi in occasione della Giornata del migrante e del rifugiato, Papa Francesco ha ribadito che prendersi cura di chi è costretto ad abbandonare la propria terra è una responsabilità che coinvolge tutta la Chiesa e si estende a ogni uomo e donna di buona volontà, chiamati a favorire la cultura dell’incontro. Su questo tema Francesco ci ha lasciato quattro verbi, quattro azioni che i Paesi dovrebbero saper mettere in pratica, per superare una visione emergenziale dell’immigrazione, per vederla invece come opportunità di arricchimento per le nostre società: accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti. Su questo, purtroppo, le sue parole sono state e restano inascoltate, tanto che vediamo imporsi sempre più politiche di chiusura e di respingimento delle persone migranti.
Significative per il nostro cammino di Casa della Carità sono state anche le visite nei luoghi legati alle figure di don Lorenzo Milani e don Primo Mazzolari, che con la loro testimonianza di vita ricordano l’urgenza di ridare voce ai poveri e di combattere le disuguaglianze, senza mai separare la fede dall’impegno concreto per la giustizia e la non violenza. Come anche la visita alla tomba di don Tonino Bello nel 2018, nel 25° anniversario della sua scomparsa, ricordando quell’espressione dello stesso don Tonino Bello “Chiesa del grembiule”, cara anche alla Casa della Carità, che richiama alla quotidiana umiltà del servizio agli ultimi.
Un altro tema per noi molto significativo promosso da Bergoglio è quello dell’ecologia integrale, cuore dell’enciclica Laudato sì sulla casa comune – che ha ispirato la nascita dell’associazione Laudato si’ – Un’alleanza per il clima, la Terra e la giustizia sociale – nella quale il Papa ha ricordato a credenti e non credenti che tutto è connesso, che non c’è giustizia ambientale se non c’è giustizia sociale e viceversa. Per questo, nell’enciclica invita a modificare i nostri stili di vita e il nostro modello di sviluppo, mettendo in atto una vera e propria “conversione ecologica”.
Infine Papa Francesco, fino all’ultimo, come si può leggere nel testo della benedizione Urbi et Orbi in occasione di Pasqua, in cui ha rivolto un pensiero alle vittime dei tanti conflitti in corso nel mondo, ha costantemente richiamato a perseguire la pace, a non arrendersi all’assurdità della guerra, che è sempre una sconfitta, perché distrugge la fraternità umana. “Dobbiamo disarmare le parole, per disarmare le menti e disarmare la Terra”, ha scritto il 14 marzo 2025 durante il suo ricovero al Policlinico Gemelli, in una lettera indirizzata al direttore del Corriere della Sera.
Papa Francesco ci ha insegnato a vivere il Vangelo nel presente. Il suo magistero rimarrà per noi una luce viva, una chiamata costante a camminare accanto ai più fragili.
Come ci ha chiesto sempre di fare, pregheremo per lui.
Approfondimenti
[In apertura: Papa Francesco a Milano nel 2017. Foto: Corriere della Sera]