Parole di carità – dicembre 2022

«La famiglia della Casa della Carità, scuola di domani»

In questo ultimo numero del Parole di Carità che arriva da te vicino al Natale, alla festa per la nascita del Bambino Gesù e della Sacra Famiglia, condivido con te le mie riflessioni sul senso della parola famiglia, appunto. Ti raccontiamo nella lettera la storia di Estefania e dei suoi bambini e in passato ti abbiamo raccontato delle tantissime famiglie accolte qui in emergenza, proprio come furono accolti a Betlemme Maria e Giuseppe, sorpresi dal travaglio di Maria mentre erano in viaggio.

Per noi è sempre una grandissima gioia accogliere una famiglia intera, prevenendo la disgregazione che può originare dalla miseria, dalla necessità di sopravvivere. Ma la Casa della Carità è nata come comunità accogliente, come portatrice di legami affettivi, anche per chi non ha più la propria famiglia vicina a sé. Persone che sono state travolte dal disagio, che sono fuggite da guerre e catastrofi, che sono state allontanate perché portatrici di sofferenza.

Per tutti loro, noi ci facciamo famiglia, ricordando ciò che ci dice papa Francesco, che siamo una grande, unica “famiglia umana”.

E come facciamo a “farci famiglia” alla Casa della Carità? Tutto parte dall’ascolto“. La famiglia è il luogo dell’incontro, della condivisione, dell’uscire da sé stessi per accogliere l’altro e stargli vicino.” come disse una volta il Cardinal Martini, nostro fondatore. E quando qualcuno bussa alla porta di via Brambilla a Milano e facciamo entrare in noi la storia della persona che ascoltiamo, con le sue emozioni e fragilità, già lì si gettano le basi per creare una famiglia. Ascolto e comprensione, ma anche aiuto concreto fanno sì che la persona che ascoltiamo diventi parte di noi, cambiandoci.

In quel momento inizia quello che io chiamo affido comunitario. La persona che si affida chiede di essere accompagnata in un periodo di fragilità, di essere aiutato a ricostruire una rete affettiva che c’è, per poi restituire a una vita di famiglia autonoma. Accogliere chi si affida a noi, significa esserci nel momento di massima difficoltà, ma poi lasciare andare al momento giusto.

Il cardinal Martini sosteneva che accogliere in una comunità può essere modello per una “società alternativa”. In questo senso, l’aggettivo “alternativo” non significa qualcosa di altro, ma opposto al mondo in cui non si dà valore alla comunione, che in fondo è l’essere insieme. Di più, vivere la comunione del corpo, come la viviamo nell’Eucaristia, è creare una parentela nuova, che ti permette di eliminare la solitudine.

Vedi, la parola famiglia è portatrice di un valore straordinario. Famiglia significa comunità di legami, di fraternità, di umanità. Significa legami affettivi profondi, veri, che hanno continuità nel tempo che non sono solo della moda passeggera degli istanti. Sono legami che superano il momento, legami di costruzione di futuro. Sono legami che non vengono piegati dall’istante o interrotti di fronte al primo ostacolo, ma sfidano il tempo.

Più volte negli ultimi mesi torno sulla parola “sempre”, perché sembra portare con sé un senso di fatica, la fatica che la cultura dell’individualismo e della disperazione attribuisce all’impegno, al tener fede, alla perseveranza. Invece, dire “per sempre”, significa dare una capacità enorme alla parola “amore”, in legami che vivono a prescindere da come si concretizzano giuridicamente nel rapporto sociale. È enorme l’importanza di strutturare legami affettivi, di dare loro solidità, fondamenta. Ed è ancor più necessario dove c’è disagio, dove c’è povertà; perché è proprio nella miseria, che è prima di tutto esistenziale, che per primo viene a mancare il supporto reciproco, perché si è troppo impegnati a sopravvivere.

In tanti si chiedono che titolo abbiano i sacerdoti come me per parlare di famiglia, dal momento che non hanno esperienza della genitorialità. Questo è vero, ma non dobbiamo dimenticare che siamo tutti figli, che tutti abbiamo esperienza di essere parte di una famiglia di origine. Inoltre, anche da sacerdote, io non ho mai vissuto da solo, perché sono sempre stato in comunità. Per me, vivere in comunità non è stata solo una scelta astratta, ma la scelta di un valore dell’affettività, dei legami della comunità, della familiarità.

E nelle comunità, esattamente come nelle famiglie, si può sperimentare la pace, tramite ciò che don Tonino Bello chiamava “la convivialità delle differenze”: “La pace è convivialità. È mangiare il pane insieme con gli altri, senza separarsi. E l’altro è un volto da scoprire, da contemplare, da togliere dalle nebbie dell’omologazione, dell’appiattimento. Un volto da contemplare, da guardare e da accarezzare e la carezza è un dono”. Ecco, alla Casa della Carità la convivialità è estremamente importante, perché è scambio, dialogo e prima di tutto incontro. Ed è un dono.

Il Cardinal Martini ci invitava a “creare uno spirito familiare in ogni ambiente educativo” e ho la gioia di poter condividere con te che il lavoro di questi 20 anni alla Casa della Carità che abbiamo appena celebrato è stato proprio dedicato alla costruzione e coltivazione di questo spirito familiare unitamente a un accompagnamento competente verso la vita autonoma. 

Si avvicina il Natale, la festa della nascita di Gesù e della famiglia che lo ha accolto: i suoi genitori, prima, e la comunità degli apostoli poi, insieme a tutti i piccoli che hanno accettato di farsi accompagnare da lui verso la verità e la luce.

Alla Casa della Carità lo festeggeremo, ricordandoci di continuare ad aver cura di questa grande famiglia e delle famiglie accolte al suo interno perché con papa Francesco sappiamo che le famiglie sono “vere scuole del domani, veri spazi di libertà, veri centri di umanità.”

Sappiamo che tu sei insieme a noi. Grazie a te, doneremo un Natale sereno e colmo di speranza alle persone ospiti della Casa della Carità. Alle famiglie accolte e alle persone per le quali insieme a te siamo famiglia. Offriremo ai bambini della Casa della Carità fiducia nel domani e libertà di sognare. Consegneremo a tutti i piccoli accolti qui il calore dell’appartenenza a questa famiglia umana. GRAZIE per quello che potrai fare per loro.

Buon Natale da tutti noi!