Leggi la lettera di don Paolo Selmi, presidente della Fondazione, che apre il Bilancio di sostenibilità 2024 della Casa della Carità.

Carissime e carissimi,

Il Bilancio di sostenibilità è uno strumento utile per guardare a cosa si è fatto nel corso di un anno, ma soprattutto per proiettarci in avanti e capire cosa possiamo fare di più e di meglio, per rispondere al nostro doppio impegno sociale e culturale.

Dentro queste pagine dense di dati e considerazioni, c’è “qualcosa, non tutto”. C’è sicuramente “qualcosa” di molto importante, che è la restituzione del lavoro quotidiano della Casa della Carità, per cui mi va subito di ringraziare!

Ringrazio operatrici e operatori – educatrici ed educatori, psicologhe, psichiatre e psichiatri, assistenti sociali, mediatrici e mediatori, mediche, infermiere e infermieri, oss, operatrici e operatori culturali – che sono “in prima linea”, a stretto contatto con le persone ospiti, per rispondere ai loro bisogni, aiutarle in un pezzetto della loro vita, far sì che siano realmente incluse nella nostra comunità. E ringrazio anche chi sta “dietro le quinte” – dal personale dell’amministrazione a quello di comunicazione e fundraising, dai custodi al personale della cucina e delle pulizie – che contribuisce a far sì che una “macchina” complessa qual è la Casa della Carità non smetta mai di funzionare.

E un grande grazie non può mancare ai nostri volontari: donne e uomini che vivono in prima persona una presenza di vicinanza, di sororità e fraternità con le persone più fragili.

Tutte e tutti loro sono persone che non “timbrano” il cartellino, ma generano vita”. E sono, siamo, in buona compagnia con tante altre donne e uomini con cui la Fondazione collabora per portare avanti le sue attività. Forse dovremmo far sentire di più la voce delle persone fragili che incontriamo attraverso la nostra.  

Nel Bilancio di sostenibilità, dicevo, “non c’è tutto” nel senso che i passi lenti o veloci di riemersone dal niente, di recupero di dignità, di una felicità riconquistata a denti stretti delle persone ospiti non la si può quantificare! Rimane dentro la vita di ognuno o può essere anche sfiorata nella vita in ripresa o in caduta libera.

E allora mi va di consegnarvi un passaggio ancora attuale del discorso del cardinale Carlo Maria Martini, che chiudendo il suo ministero episcopale in Diocesi si congedava dalla città di Milano con un discorso al consiglio comunale il 26 giugno 2002:

“Si evidenzia perciò, oggi come non mai, la difficoltà della gestione della città e del suo governo politico, e può nascere la tentazione di gestire la città limitandosi a tenere separate le parti che in essa convivono mediante una specie di paratie tecniche. Ma così la città muore e soprattutto muore il suo compito di custode della pienezza dell’umano, per cui essa era nata.

(CM Martini al Consiglio Comunale di Milano 26 giugno 2002)

Mi piace pensare alla Casa della Carità come a una delle realtà che, col suo lavoro di cura, di dialogo, di interrogazione delle istituzioni, sente sua questa missione della città di “non tenere separate le parti” ma di tenere insieme le diversità che la abitano, cominciando dagli ultimi, dai più deboli per i quali “i diritti dei deboli non sono diritti deboli”, secondo quella feconda espressione del Cardinale Dionigi Tettamanzi.

Un ultimo passaggio: la Casa della Carità è più grande della sua sede di via Brambilla 10!

Si allarga un po’ su tutta la città: nel quartiere di Ponte Lambro con Casa Francesco per i minori stranieri non accompagnati, a Cimiano con “La Tillanzia”, una comunità di mamme con bambini ospiti delle Suore Preziosine, nel quartiere Adriano con gli appartamenti per l’accoglienza dei profughi delle troppe guerre che ancora ci sono nel mondo, nel quartiere Molise – Calvairate con il centro diurno Proviamociassieme… e poi si spinge fino in via Novara, dall’altra parte della città, per seguire alcune famiglie Rom e in tanti quartieri con gli alloggi per l’autonomia.

Ma Casa della Carità sono anche le scuole, le aziende, le comunità parrocchiali, i gruppi scout che entrano nella Casa e la abitano con la loro curiosità, la loro presenza di aiuto, il loro desiderio di incontro.

E, ultimi ma non ultimi, Casa della Carità sono anche donatrici e donatori, che con il loro generoso sostegno fanno sì che si possano realizzare tante attività e progetti di accoglienza e cultura.

Continuiamo allora a camminare insieme, con speranza e determinazione, perché nessuno resti ai margini e perché, davvero, nessuna parte della città resti separata dalle altre.

Don Paolo Selmi,

presidente Fondazione Casa della Carità